Libreria dello Sport, è il game over
L’annuncio è secco e non dà adito a speranze. Dopo quasi quaranta anni di attività la Libreria dello sport (il negozio è in via Carducci) a Milano annuncia che a fine gennaio chiuderà i battenti.
Quel “triplice fischio dell’arbitro” induce a pensare - me lo auguro - che alla dolorosa decisione sia estraneo il coronavirus, ormai colpevole di ogni misfatto. Gli arbitri hanno sì colpe ma si escludono fischi letali. E tuttacellente via una serranda che cala su decenni di lavoro, su operosità assoluta, molto lombarda, e sulla soddisfazione di essere divenuti, nel tempo, non solo una libreria, una bottega, ma una scuola che negli anni ha licenziato centinaia di diplomati - e anche laureati - in cultura sportiva è di sicuro un gesto drammatico. Ahinoi molto comune a tant’altre librerie in tutt’Italia.
Prima che nascesse la Libreria dello Sport la ricerca di testi sacri si muoveva ad personam, spesso chiedevo a Paolo Facchinetti dove avesse trovato certi libri, e se me li prestava. Da ecre bibliofilo evitava accuratamente il prestito (libro prestato, libro perduto) mentre funzionava lo scambio. Da patiti. Nei primi Settanta, bisognoso di costruire giornali, mi fornivo di libri fondamentali pescando nel mare di Foyles in Charing Cross, a Londra (facevo viaggi costosi con bagaglio oneroso, soprattutto quando caricavo anche vinili da His Master Voice in Oxford Street). Poi, finalmente, la Libreria dello Sport, dove trovai molti libri che mi servivano e altri ne potevo ordinare. La mia attività editoriale - più che giornalistica - mi fece incontrare i gestori e incrementare una biblioteca che, arrivata in mezzo secolo a diecimila volumi, ho regalato al mio paese natio e alla mia attuale patria. Perché il Libro non ha parenti, non è ricchezza di famiglia: deve girare il paese, la nazione, il mondo. Mi dà dispiacere, l’addio di quella miniera di sapere sportivo (e non solo), e al tempo stesso mi stupisce. Giorni fa Danilo Di Tommaso - il gran comunicatore del Coni - mi ha detto che il coronavirus ha prodotto più di novanta libri sportivi (quattro miei) e tuttavia le librerie non paiono averne tratto benessere; insomma, come abbiamo sempre saputo in Italia ci sono più scrittori che lettori. E le case editrici “spingono” su Amazon e sugli eBook distribuiti da Kobo. Cosa dicono i giovani, descritti come no-book? È il mondo che cambia. Vecchio adoratore della carta so cosa vuol dire prendere in mano un libro e accarezzarlo. E quanto dispiace quando un libraio chiude bottega e se ne va…