Destino crudele per Sheva
Avolte il calcio sa essere anche crudele. Come nel caso di Sheva, atteso stasera a San Siro, nel suo San Siro, lo stadio dei tanti gol e dei molti trionfi, capace di acclamarlo e di rendergli omaggio, scavandogli un posto sulla balaustra della curva sud, anche il giorno in cui annunciò la sua partenza per Londra, destinazione il Chelsea di Mourinho. La serata, invece di diventare una suggestiva passerella, tra volti noti, amici di una carriera (Paolo Maldini) e pubblico in adorazione, beh può trasformarsi nel passo malinconico del suo addio alla prima esperienza sulla panchina di un club italiano. Il Genoa, a onore del vero, l’ha accolto con un credito smisurato: ricco contratto per due anni e promessa di rimpolpare la rosa.
Il Grifone puntava sul fascino del campione Pallone d’oro, sull’esperienza dello staff imperniato sul sodale Mauro Tassotti e sull’arrivo dei rinforzi dal mercato di gennaio, indispensabili per una squadra ridotta a galleggiare in fondo alla classifica dopo aver già cambiato due piloti, prima Ballardini (epoca Preziosi) quindi Maran. Dal giorno della presentazione di Sheva, pieno di tramontana e di cronisti arrivati da Milano, i numeri del Genoa sono diventati via via sempre più preoccupanti, imbarazzanti secondo i giornali e i siti genovesi. Dieci partite: un successo (con la Salernitana, in coppa Italia), tre pareggi (uno promettente con l’Atalanta) e sei sconfitte, l’ultima la più dolorosa perché patita nel derby con lo Spezia.
Enrico Preziosi, il presidente uscente, spendeva e spandeva pronostici impegnativi: «E’ una rosa da ottavo-decimo posto». Non è assolutamente vero. Ma forse nemmeno da penultimo in classifica. «Siamo tutti sotto esame, anche io» l’ultimo report di Alberto Zangrillo il nuovo presidente scelto dal fondo. È stata la frase che ha fatto capire il destino di Sheva: dare un segnale di reattività con il Milan stasera, in coppa Italia a San Siro, oppure farsi da parte e lasciare la panchina al ritorno di Maran o alla sorpresa Labbadia. Nel frattempo i nuovi azionisti non sono rimasti a guardare. Hanno già effettuato acquisizioni di cartellini per 12,5 milioni: in un mercato moscissimo è già un piccolo record. Altri investimenti sono pronti a fare. Per un centravanti rimasto senza nome hanno proposto 20 milioni incassando un educato “non posso”. Che forse vuol dire molto altro: e cioè la non disponibilità a rischiare l’avventura con il Grifone per l’operazione salvezza. Perciò stasera il calcio potrebbe essere anche crudele per l’eroe milanista di Manchester.