La notizia nel pallone
L’informazione nel pallone. Nel primo pomeriggio di ieri c’è una notizia che conquista la copertina dei principali siti di informazione, e non parliamo solo di siti sportivi, ma anche generalisti. Non è la pandemia che corre con duecentomila casi e trecentotredici morti, e non sono neanche le scuse di Boris Johnson al Parlamento inglese, per aver festeggiato a Dowing Street nei giorni del lockdown, e meno che meno le trattative impantanate per l’elezione del presidente della Repubblica. Tutto questo viene dopo. Il primo titolo lo conquista il ricovero di Mino Raiola all’ospedale San Raffaele, per un intervento chirurgico, dopo il quale – precisa un sito capace di dettare l’agenda delle notizie che contano – il procuratore è in osservazione.
Proprio così. È in osservazione il procuratore più importante del mondo, e per questo devono osservarlo anche tutti i lettori italiani, certamente in apprensione per lui. Facciamo anche noi a Raiola i migliori auguri di pronta guarigione, non senza stupirci di un’attenzione che neanche il calvario sanitario, ben più grave, del povero Davide Sassoli aveva ricevuto due giorni prima. Eppure si trattava del presidente del Parlamento europeo, la massima istituzione politica del Vecchio Continente.
Si dirà che a nessuno è riuscita l’impresa di cui è stato protagonista l’agente di Nocera Inferiore: spedire in una panchina milionaria, ancorché triste, il più grande portiere del mondo, e intascare per questo confino una parcella non molto inferiore all’ingaggio. Nella giungla di un mercato regolato dall’azzardo, la spregiudicatezza vale una popolarità che solo il calcio può regalare a un non comune mortale.
Si aggiunga che a decidere la gerarchia delle notizie, nel villaggio globale, è la Rete, e per Rete qui deve intendersi il potenziale di clic che un file è in grado di ricevere una volta immesso in circolazione. Ma allora perché sorprendersi poi, sugli stessi organi di informazione, se un procuratore solo guadagna come nessuno e detta legge come nessuno? Il nostro stupore forse pecca di ingenuo moralismo. Il fatto è che non riusciamo a rassegnarci all’idea che i giornalisti siano, al tempo dei clic, non più mediatori – poiché l’unico mediatore che conta è Raiola - ma meri conduttori di silicio di un circuito digitale.