La Roma alla portoghese è a dimensione Mourinho
Il tecnico, ieri in visita all’ambasciata del suo Paese, dice no all’Everton Sergio Oliveira e Rui Patricio sono stati decisivi contro il Cagliari, il manager Mendes sul mercato. E Tiago Pinto liquida gli spagnoli
Da gracias a obrigado il passo è stato deciso. La Roma ha smesso di parlare spagnolo e sta imparando ogni giorno di più il portoghese: con Mourinho sul ponte di comando, due giocatori sono stati decisivi nella vittoria contro il Cagliari. Intanto Sergio Oliveira, al debutto, generatore e convertitore del rigore. E poi Rui Patricio, il portierone della Nazionale, che con un pizzico di fortuna ha disinnescato Joao Pedro e una possibile beffa finale. Se si aggiunge che Jorge Mendes è il procuratore di tutti e tre i personaggi di questa storia, si capisce come il baricentro della penisola iberica si sia spostato verso l’Atlantico. Con l’altro portoghese della Roma, Tiago Pinto, velocissimo nello smantellamento della colonia spagnola: Pedro e Pau Lopez hanno salutato l’estate scorsa, Villar e Borja Mayoral si sono appena sistemati al Getafe e lo stesso Carles Perez, unico rimasto della combriccola, non è certo un incedibile.
LA VISITA. Chissà se è un caso: proprio ieri, nel giorno di riposo per la squadra, Mourinho ha fatto visita all’ambasciata di Portogallo, scattando una foto davanti alla bandiera. La sede è proprio nel quartiere Parioli, a due passi da Villa Borghese,
dove l’allenatore ha stabilito la residenza romana. Un ritorno «a casa... a Roma» lo ha definito Mourinho, che nel frattempo secondo i media inglesi ha rifiutato una recentissima proposta dell’Everton, che lo aveva sondato per la sostituzione di Rafa Benitez. E’ la conferma di un orientamento certo: Mourinho ha la fiducia totale dei Friedkin, come dimostrano gli interventi sul mercato, e a sua volta non ha intenzione di abbandonare la nave nel momento in cui rischia il naufragio. Cosa possa succedere a fine stagione nessuno può saperlo né prevederlo. Ma oggi, a metà gennaio, il legame è solido quanto il ricco contratto triennale firmato nella scorsa primavera.
GLI INNESTI. Intanto, l’ingresso di Sergio Oliveira ha restituito un pizzico di ottimismo alla Roma. E di conseguenza a Mourinho, che anzi auspica «altri Sergio Oliveira, giocatori di esperienza e personalità farebbero comodo a questo gruppo». L’’impatto dell’ultimo arrivato, dopo soli tre allenamenti a Trigoria, è stato evidente non solo per il rigore vincente ma anche per la serenità e la precisione sfoggiate nella nuova realtà. Sergio Oliveira,
primo portoghese a segnare in Serie A con la maglia della Roma, non aveva mai giocato una partita intera nella mezza stagione al Porto ma è stato padrone del centrocampo finché le gambe hanno girato al massimo. Nel secondo tempo è calato molto, come era prevedibile, ma è rimasto in campo fino alla fine nonostante i crampi per aiutare i compagni a difendere il risultato.
IL PORTIERE. Al resto ha pensato l’amico Rui, mister costanza, il portiere che Mourinho ha voluto per dare al ruolo sicurezza e stabilità dopo gli anni travagliati di Pau Lopez e Mirante: la parata degli ultimi minuti, con i buoni uffici della traversa, rientra nelle ragioni per le quali è stato chiamato. Era già stato un guardiano spietato, da quando è alla Roma: proprio nel match d’andata, a Cagliari, fermò
Pavoletti sul risultato di 0-1, prima del ribaltone firmato da Ibañez e Pellegrini; in precedenza, contro il Sassuolo, si era opposto a Berardi e Boga sull’1-1, consentendo a El Shaarawy di segnare il gol della vittoria a tempo scaduto; e ancora, contro l’Udinese frustrò l’entusiasmo di Deulofeu, con la Roma già in vantaggio 1-0; contro lo Spezia infine, eccolo balzare su Strelec e Manaj quando il risultato non era ancora al sicuro. Ha commesso anche degli errori, Rui Patricio, ad esempio nel derby. O sulla punizione di Ibra in Roma-Milan. Ma nel consuntivo parziale, il suo bilancio è decisamente in attivo. Lo aveva detto Tiago Pinto: «Sul portiere non possiamo sbagliare scelta». Mourinho non ha sbagliato.
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