Gento sapeva solo vincere
Sei Coppe dei Campioni, 12 successi in Liga: il Real Madrid piange l’ala dei record. Lo volle con sé Di Stefano: insieme un’era di trionfi
Ha scritto la storia con le sue discese velocissime e imprendibili: Paco è morto ieri a 88 anni
«Ha una velocità unica e un tiro fortissimo. Il resto glielo possiamo insegnare». Parola di Don Alfredo di Stefano, che con questo fulminante ragionamento convinse il presidente Santiago Bernabeu a trattenere a Madrid il compagno Francisco “Paco” Gento, reduce da una prima, non proprio entusiasmante stagione in blanco. Ne sarebbero seguite altre 17, culminate con una delle istantanee simbolo della storia della Casa Blanca: Gento che posa con le 6 Coppe dei campioni conquistate. Nessun calciatore ne può vantare altrettante. Da solo, la ribattezzata Galerna del Cantabrico - la
Galerna è un vento improvviso di burrasca, che schiaffeggia la costa settentrionale della penisola iberica - ha vinto tante coppe dalle grandi orecchie quante quelle esposte nelle bacheche di Liverpool e Bayern.
GENERAZIONE DI FENOMENI. Nato a Guarnizo, Cantabria, il 21 ottobre del 1933, il giovane Francisco era destinato a una vita tra campi e vacche. Almeno questi erano i piani del padre. Il richiamo dell’atletica - la leggenda parla di un centometrista in erba capace di percorrere il rettilineo in undici secondi netti - e, soprattutto, del pallone, però, era troppo forte e l’ascesa si è rivelata inarrestabile. Qualche annata nelle giovanili della Motaña, poi il Rayo Cantabria, fino al debutto, nel febbraio del 1953, con la casacca del Racing Santander. Ed è subito un’esibizione di accelerazioni, frenate, dribbling secchi e fucilate. Tanto che dopo sole 10 partite di campionato un alto dirigente del Real vola a Santander e gli strappa la firma che gli cambierà la vita, sottoscritta nell’oscurità di un garage. È l’inizio di un’epoca leggendaria, che vede Gento festeggiare 12 scudetti e le 5 prime Coppe Campioni di fila, accompagnato, via via, oltre che dalla Saeta Rubia Di Stefano, da fenomeni come Puskas, Kopa ed Hector Rial. Ben 23 i titoli complessivi conquistati dall’immarcabile Paco nei suoi 18 anni in blanco, tra cui la Sexta
Coppa d’Europa, come unico reduce dello squadrone che aveva dominato il vecchio continente negli Anni 50.
LA DINASTIA. L’unico grande rammarico di Gento è l’esclusione dalle fase finali dell’Europeo del 1964, concluso con il trionfo delle Furie Rosse contro l’Unione Sovietica di Yashin. La miglior prestazione, invece, rimane la finalissima di Coppa Campioni con il Milan del 1958. «Paquito, come stai? Questa la puoi risolvere solo tu!», il richiamo dell’inseparabile Di Stefano. Detto, fatto e Gento sigla il definitivo 3-2 nei tempi supplementari. Nel 1971, appende gli scarpini al chiodo, dopo 602 partite ufficiali e 182 gol. Un paio d’anni poco convinti da allenatore, poi il ritorno al club della vita, che lo nominerà presidente onorario nel 2015. Tra i più bei ricordi, una gara col Real disputata a fianco dei fratelli Antonio e Julio, che però non ebbero una grande carriera. Decisamente meglio i nipoti Julio e, soprattutto, Paco Llorente Gento, 107 presenze col Real a cavallo della fine degli Anni 80 e l’inizio dei ’90. Tocca al figlio di quest’ultimo, Marcos, mantenere alto l’onore della famiglia nell’attualità. Formato nel settore giovanile del Real, però, ora difende la camiseta dei cugini dell’Atletico.
Accelerazioni dribbling, fucilate: lo chiamavano come il vento di Cantabria