Italia terra promessa per tanti calciatori fuggiti dall’Africa per diventare Weah
Un’accurata riflessione su campioni e aspiranti che arrivano sempre più numerosi dal Continente Nero nelle nostre accoglienti squadre
Caro Cucci, nessun muro o reticolato ad alta tensione, né le emergenze sanitarie di varia natura, potranno frenare le migrazioni di massa dai Paesi più poveri. Le buone notizie, sotto il profilo occupazionale, riguardano alcuni valorosi giovani di colore (quasi tutti africani) capaci di farsi strada nel calcio e, in genere, nel poliedrico mondo dello sport occidentale, che sa valorizzarne le innate qualità e lo spirito di sacrificio. Eccezioni alla regola, purtroppo. Nel 1841, fu lo storicista tedesco Friedrich List ad elaborare per primo la teoria dell’arretratezza economica, più tardi ripresa dai collettivisti Marx ed Engels, poi da Keynes e dai suoi allievi della Scuola di Cambridge nella seconda metà del secolo scorso. Sotto accusa finì il liberismo esasperato della Scuola Classica di Adam Smith, con la conseguente idolatria del mercato ed il naturale corollario dell’illusorio benessere generale per tutti gli Stati della Terra, princìpi ancor oggi considerati “sacri”daimonetaristidellaScuola di Chicago, fondata da MiltonFriedman.Inverità,l’egoismo dei ceti più abbienti e lo strapotere delle Nazioni produttrici di beni tecnologicamente avanzati sono le cause del divario che si registra fra le collettività delle diverse aree della Terra, generando un’intollerabile “forbice” tra esseri umani e popolazioni. In altri termini, cresce la povertà delle sventurate genti che vivono senza elettricità nelle baraccopoli dell’America Latina e nelle palafitte del grande Continente africano le cui terre, ricchissime di diamanti, materie prime e giacimenti auriferi e petroliferi, vengono saccheggiate (e spesso acquistate per un pugno di dollari) dalle multinazionali degli Stati più forti del mondo, compresi quelli che ne hanno sancito, con perfida ipocrisia, l’indipendenza politica. Permanendo
Scrivete a l’attuale status di sfruttamento intensivo, chi fermerà l’esodo dei disperati? E può consolarciilsuccessodeitanticonnazionalidell’indimenticabileGeorge Weah (ora Presidente della sua Liberia)chehannotrovatoinEuropa la terra promessa?
Bruno Di Pilla
Nei movimenti USA in difesa degli afroamericani e in quelli ormai diffusi dappertutto, anche in Italia, in difesa di uomini e donne “di colore”, non è difficile cogliere tanta ipocrisia. I bianchi d’America dirigono le danze, ora sono più preoccupati degli “invasori” centroamericani, giamaicani, portoricani e messicani ai quali dedicano fin dai tempi di Clinton e Obama solidi ma non imperforabili muri perché, come accade in Italia, con i migranti c’è chi arricchisce “contrabbandando” uomini. Ho già ricordato, fra l’altro, che questo spettacolare movimento antirazzista non tutela i “gialli”: dura è stata la guerra continua (dal 1941, Pearl Harbour) contro i giapponesi, profittevole la “tutela” dei sudcoreani - storica e tragica la disfatta vietnamita - vergognoso l’atteggiamento anti cinesi dimenticando quanti ne furono sacrificati nella stagione della Golden Rush di un secolo prima. In Italia, poi, le gesta eroiche degli ipocriti nascondono lo schiavismo dei raccoglitori di pomodori, pagine degne di John Steinbeck.
In verità, a ben vedere il calcio europeo in particolare è l’unico che offre ai giovani africani l’occasione di sognare e di realizzarli. Alla faccia dei benpensanti che ritengono il calcio razzista per le imprese di pochi coglioni ululanti come Tarzan. O King Kong.