Van der Poel, trionfo vintage
Battaglia d’altri tempi con Pogacar, che esita un attimo di troppo nello sprint ristretto E’ il secondo olandese a centrare il bis nella classica dei muri fiamminghi «Non ho mai fatto tanta fatica come sul Paterberg»
Il Giro delle Fiandre ha il suo nuovo leone. Quarto nel 2019, primo nel 2020, secondo l’anno scorso e ancora una volta primo ieri a Oudenaarde. Chi ambisce al monumento fiammingo deve fare i conti con lui: Mathieu Van der Poel. Nell’esultanza al traguardo dopo 273 chilometri risaltano le mani nude, quelle di chi lascia i guantini agli avversari per «sentire meglio il manubrio e padroneggiare la bici fino in fondo». Anche per questo il ventisettenne olandese non può essere come tutti gli altri. Anzi, fino a poco più di due settimane fa era ancora fermo ai box dopo un lungo inverno passato a battagliare con i dolori alla schiena.
Al debutto stagionale, alla Milano-Sanremo, si è arrampicato fino al terzo posto, poi ha vinto alla “Coppi e Bartali”, ha fatto le prove del nord alla Dwars door Vlaanderen (vincendo, ovviamente) e ieri da favorito ha messo di nuovo tutti in riga. Ha trionfato al termine di uno sprint ristretto, ma le fondamenta del successo ha cominciato a metterle sul Vecchio Kwaremont e sul Paterberg, dove di fronte a pendenze del 22% non ha perso le ruote dell’altro re, Tadej Pogacar, con cui ha dato vita a uno straordinario duello d’altri tempi.
Dopo Liegi e Lombardia, il fuoriclasse sloveno ha mancato il suo terzo monumento in carriera, ma almeno fino alla volata finale avrebbe meritato molto di più del quarto posto. Nel testa a testa conclusivo con Van der Poel ha temporeggiato così tanto da far rimontare Van Baarle (2°) e Madouas (3°), rimanendo chiuso nel traffico quando il leone olandese è decollato con la zampata vincente. Pogacar è rimasto addirittura giù dal podio, lasciandosi andare a un gesto di stizza ancor prima di tagliare il traguardo, tanto che la UAE Emirates si è rivolta ai giudici di gara (senza successo) per contestare le scorrettezze altrui allo sprint.
MILIONE. Dopo due edizioni blindate a causa della pandemia, ieri un milione di tifosi sono accorsi a bordo strada per ammirare la corsa, nonostante ai belgi mancasse l’idolo di casa - Wout Van Aert - e questa gara continui a sfuggirgli dal 2017. Perdipiù l’ha vinta un rivale olandese, un doppio figlio d’arte (papà Adrie e nonno Raymond Poulidor) con una fidanzata belga, Roxane.
Dopo la premiazione Van der Poel si è soffermato sullo sforzo immane sul Paterberg, il muro simbolo dell’intera giornata: «Non ho mai fatto tanta fatica come in quel momento. Sapevo di dover resistere a oltranza per potermela giocare sul traguardo. Pogacar? Ha corso da applausi, ma forse per vincere deve fare ancora un po’ di esperienza con questo tipo di classiche». Prima del campione classe 1995, solo un altro olandese Jan Raas - era riuscito a prendersi il Fiandre più di una volta. A Pogacar rimane l’illusione e la rabbia, con la promessa di un ritorno per vendicarsi: «In fondo questa corsa penso già di amarla. Nonostante il risultato ho potuto vivere un’atmosfera da brividi. Allo sprint sono rimasto chiuso, ma il ciclismo è anche questo e sono sicuro che tornerò per rigiocarmela».
La volata vincente di Mathieu Van der Poel, 27 anni, a Oudenaarde
DONNE. I belgi si sono consolati con la vittoria di Lotte Kopecky nella gara femminile, condizionata dal freddo e dalla pioggia. Il circuito finale ha fatto male a tante, addirittura diverse cicliste hanno preferito affrontare il Koppenberg a piedi a causa delle pendenze durissime. Nulla da fare per Elisa Balsamo (solo 27ª), tra le azzurre la migliore è stata Marta Bastianelli, decima.