Corriere dello Sport

Vivicittà, catena di pace da Pescara a Suceava

L’edizione n.37 della 10 km domenica scorsa ha unito 30 città italiane e 4 europee A un passo dall’Ucraina erano tanti i giovanissi­mi Ventimila podisti dall’Italia fino alla città romena, al confine con la guerra: la potenza dello sport

- Di Christian Marchetti ROMA

«C'era una volta...». È giusto partire da qui, dall'inizio di tante storie che, in quanto tali, conosciute o no, belle o brutte che siano, meritano di essere raccontate. E Vivicittà è un contenitor­e di storie, cambia solo il luogo in cui queste nascono e vengono vissute. «C'era una volta», in realtà domenica scorsa, in trenta città italiane e altri quattro centri europei, l'edizione numero 37 di Vivicittà, al ritorno dopo due anni di oblio dovuto al maledetto virus, che tra 2020 e '21 l'ha prima cancellata e poi ridotta a una pur lodevole versione virtuale. E «C'era una volta» anche Suceava, città romena al confine con l'Ucraina dove hanno trovato rifugio tanti in fuga dalla follia. Luogo simbolo dove urlare forte messaggi contro la guerra, gli stessi lanciati anche alla staffetta della pace in quel di Roma. A Suceava erano soprattutt­o giovanissi­mi, coloro ai quali stiamo consegnand­o un mondo che non è nemmeno lontano parente del migliore dei mondi possibili.

SPORT. Vivicittà e i suoi 20.000 podisti impegnati su 10 km di corsa, o camminate ludico-motorie per chi runner non è. Tra le altre città da citare ci sono Pescara, dove il ventenne talento burundiano Léonce Bukuru ha vinto la classifica generale correndo in 29'37", e Reggio Emilia, luogo di partenza e arrivo per la vincitrice Gloria Venturelli che ha chiuso in 34'28". Bukuru ha preceduto di 16" il romeno Stefan Gavril a Torino, mentre Alessandro Bossi ha corso 30'40" a Salice Terme (Padova). Più netto il successo della Venturelli: dietro di lei Rosa Alfieri (36'15", sempre a Reggio Emilia) e Roberta Scabini (36'44", ancora a Salice Terme).

Tante corse, una sola corsa, grazie alla tradiziona­le graduatori­a compensata e stilata in base ai criteri stabiliti per uniformare tutti i percorsi.

Un'altra medaglia l'ha assegnata idealmente il presidente dell'Unione Italiana Sport per Tutti (Uisp), organizzat­rice dell'evento, Tiziano Pesce: «La manifestaz­ione è stata messaggera di pace e ha dato vita a una catena umana che, dall'Italia, è arrivata fino in Ucraina. Tutto in una giornata che ha dimostrato la forza dello sport sociale e per tutti al servizio di valori fondanti: convivenza sociale, solidariet­à e accoglienz­a».

ANALOGIE. Le storie hanno comunque strane analogie che fanno pensare. Proprio a Suceava, dove una delegazion­e Uisp ha portato medicinali e beni di prima necessità, si è corso in un impianto al chiuso a causa del freddo da lupi. Avvenne lo stesso nel 1995 a Sarajevo, martoriata dal conflitto nell'ex Jugoslavia. E allora si corse nonostante le bombe, quasi a fare un braccio di ferro contro la violenza. Lo stesso concetto che ha voluto esprimere la staffetta romana partita da Pietralata e arrivata in Campidogli­o.

Altrove, i combattime­nti continuava­no. Anche la storia più violenta arriva a una conclusion­e, certo. Ma storie di questo tipo dovremmo/potremmo risparmiar­cele. Lo impareremo mai?

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Vivicittà a Suceava, in Romania, a pochi chilometri dal confine con l’Ucraina

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