Attenti ai “vecchietti” terribili Delfino: Io voglio restare al passo con i ventenni
“Caliente” l’argentino, glaciale l’americano: a 39 anni sono sempre protagonisti
ATortona, sabato scorso, ha firmato la sua terza miglior prova stagionale. E se le altre due, con Venezia (24 p.) e Trento (22 p.) non erano bastate alla Vuelle per conquistare la posta in palio, quella contro la Bertram ha indirizzato la partita verso la vittoria dei biancorossi: 19 punti, di cui 16 nel primo tempo, con 5/10 da tre punti. Con l’ultima tripla il capitano ha chiuso i conti sul tentativo di rimonta avversario, mettendo un bel mattone per la salvezza e aprendo nuovi orizzonti per la sua Pesaro.
AL PASSO. Carlos Delfino, che il prossimo 29 agosto varcherà la soglia dei quarant’anni, ancora la spiega a tutti sul parquet. «Ma spesso è proprio la voglia di stare al passo dei ventenni a darmi la spinta per non farmi sorpassare» ammette con orgoglio. Per reggere a questi livelli, mentre il tempo avanza imperterrito, bisogna però avere un fisico d’acciaio e un fuoco dentro che non si è ancora spento. Quest’anno l’argentino viaggia a 11,8 punti, 4,3 rimbalzi e 2,8 assist.
«Amo questo gioco, ho ancora il piacere di tenere il pallone fra le mani come quando ero un ragazzino. Poi, certo, bisogna avere cura del proprio corpo, seguire un regime, allenarsi sempre, senza fermarsi troppo d’estate, mangiare bene. Ma soprattutto divertirsi».
INTERVENTI. Per poter tornare a farlo, Delfino ha subìto diversi interventi al piede, fratturato nel 2013 quando giocava in NBA con Houston. Tre anni di sacrifici e sudore per tornare quello che è ancora oggi: un faro che accende la luce sul parquet. Arrivato a Pesaro nell’estate 2020 grazie a coach Repesa, ha deciso di rimanere anche quando il suo mentore ha scelto di andarsene. I tifosi si identificano totalmente in questo capitano dalla grande anima che sprona sempre i compagni e il pubblico, si arrabbia se sbaglia qualcosa, urla verso il cielo quando segna un canestro importante,
rincorre l’avversario se gli soffia la palla e spesso la recupera, salta come un matto in mezzo ai compagni se si vince.
La testimonianza che Delfino è ancora innamorato del basket lo dice l’entusiasmo con cui ha risposto in questa stagione alle convocazioni dell’Argentina nelle due finestre per la nazionale, sobbarcandosi un volo transoceanico per giocare due partite ogni volta: «Far parte della “Generacion Dorada”, come ci hanno ribattezzato, è stato un onore. Sono rimasto l’ultimo
in attività, non potevo dire di no». A riconoscere la sua grandezza è anche il connazionale Ariel Filloy, suo compagno a Pesaro un anno fa, oggi a Tortona: «Rispondere di nuovo a 39 anni alla chiamata della nazionale descrive il suo valore umano e sportivo».
Quando può dedicarsi ad altro, Delfino si rifugia sull’altopiano di Asiago, dove sua moglie, conosciuta grazie alla pallacanestro (è la sorella di Riccardo Cortese, con cui giocò alla Fortitudo) e con cui ha messo al mondo due gemelli, possiede una casa di famiglia «Quando sono in montagna amo fare lunghe passeggiate, andare a pescare, e fare delle belle grigliate. Finito il campionato ho bisogno della mia solitudine, di stare tranquillo e dedicarmi alla famiglia».
L’asso di Pesaro: «Curo il mio corpo, mangio bene e mi diverto»