Simeoni «Ora senza staff sei nessuno»
L’oro di Mosca 1980 domenica direttrice di Rai Storia «Sembra che se non hai un mental coach sei uno sfigato. Parità di genere nello sport? Solo sulla carta»
Dopo oltre 40 anni Sara Simeoni continua a volare. Il 4 agosto del 1978 il record del mondo a quota 2,01 a Brescia, seguito due anni dopo dall'oro olimpico a Mosca contro le valchirie dell'Est Europa. Oggi il suo nome è stampato sulla carlinga degli aerei ITA. Nei mitici e controversi anni 80, segnati da due boicottaggi olimpici, i record e le medaglie di Sara contribuirono a dare dignità al mondo delle donne nello sport. Un esempio, il suo, che fino alla scorsa estate sembrava destinato a restare solo negli albi d'oro. Dalle pedane alla ribalta in Tv. La popolarità di Sara è schizzata alle stelle nei giorni d'oro dei Giochi di Tokyo con la trasmissione di Rai Due “Il circolo degli anelli”.
Da atleta timida e riservata ma mai scontrosa, a donna ironica e a volte irriverente con quell'aria un po’ sbarazzina a dispetto dell'anagrafe. Una metamorfosi da manuale di comunicazione, in cui spiccano leggerezza e serenità. Domenica Sara torna in Tv nelle vesti per un giorno di direttrice di Rai Storia. Nel palinsesto curato dall'olimpionica di “Domenica con”, in onda dalle 14 alle 24, ci sono anche arte, musica, cinema e comicità.
Simeoni, in cosa consiste questo suo ritorno in Rai?
«Ho scelto i momenti più significati. Dall'Olimpiade di Roma 60, di cui ho ricordi vivissimi con la maestra che ci faceva disegnare i gesti dei campioni e ci portava nel parco a fare il lancio del sasso o a saltare sull'erba; a Mosca 80 quando sono entrata nello stadio in stato confusionale e poi grazie alle urla dalla tribuna di Erminio (Azzaro, ndr) sono tornata in me vincendo l'oro».
Come mai ha atteso tanti anni per scoprirsi personaggio televisivo?
«Mi sono sorpresa anch'io di questa seconda vita. Se sono ironica è perché alla mia età posso permettermelo. Sono diventata famosa manco avessi vinto l'Olimpiade, ma se penso alla fatica che mi è costata quella medaglia...»
E' vero che ha tanti fan tra i giovani?
«All'uscita dagli studi Rai di Corso Sempione a Milano c'erano sempre gruppi di ragazzi ad attendermi per selfie e autografi. Di recente in teatro ho ballato con un di drag queen».
Si parla di un ruolo al Festival di Sanremo accanto ad Amadeus: ci andrà?
«Al Festival non dico no. All'Ariston ci vado a ottobre quando canterò per beneficenza. Io non mi pongo limiti. Ho iniziato nel 1966 con lo stile frontale, il primo record a 1,35. Poi nel 1969 Fosbury mi ha aperto il mondo».
Quando di donne che vincevano ce n'erano poche, vero?
«Da allora è cambiato tutto, anche per merito nostro. Oggi ci sono più opportunità. Ma a livello dirigenziale siamo ancora all'anno zero».
Raggiunta la parità di sesso nello sport?
«Spesso solo sulla carta. Un conto è la parità, altra cosa le opportunità. Sono stati fatti passi avanti. Ora le donne accedono nei gruppi sportivi militari. Mi è andata bene, altrimenti a Mosca non sarei potuta andare (per il boicottaggio, l'Italia lasciò a casa gli atleti militari, ndr)».
Jacobs e Tamberi, sprint e salto in alto. Due ori come quelli sui 200 di Mennea e il suo a Mosca 80: cosa ha provato?
«Le stesse emozioni. Ma oggi tutto è più complesso, anche nell'atletica. Sembra che senza mental coach non vai da nessuna parte. Io avevo Erminio Azzaro, era il mio allenatore, compagno, amico e anche mental coach. Ma era dagli allenamenti che capivo se ero forte o meno. Oggi se non hai uno staff di specialisti sei uno sfigato. Ai miei tempi avevamo Viscusi come massaggiatore, lo dividevo con Mennea, lanciatori e maratoneti».
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