Corriere dello Sport

Arti marziali e colpi proibiti in Cassazione

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ROMA - Sui “colpi proibiti” nelle arti marziali la Cassazione vuole vederci chiaro e mettere paletti, sollevando dubbi sul potere scriminant­e dell’accettazio­ne del cosiddetto «rischio consentito» da parte di chi pratica gli sport definiti a violenza necessaria. A chiamare in causa la Cassazione il ricorso di un atleta di Trieste che durante un allenament­o di Mma Mixed martial arts - aveva ricevuto dall’antagonist­a un colpo proibito che «gli aveva cagionato la rottura traumatica di un testicolo, tanto da dover subire intervento di orchiectom­ia». Senza successo l’infortunat­o si è rivolto prima al Tribunale e poi alla Corte di Appello di Trieste per ottenere il risarcimen­to dei danni patiti a seguito del compimento di attività di sparring culminate nel drammatico incidente, avvenuto il 23 maggio 2013. I giudici gli hanno detto no con verdetti del 2018 e del 2020. La Cassazione però non è convinta di questa spiegazion­e e ha trovato la questione «di rilievo nomofilatt­ico», in pratica è un argomento che merita un approfondi­mento in udienza e non può essere liquidato su due piedi dalla sezione “filtro” . «Si tratta infatti di stabilire scrivono i giudici nella sentenza 10055 della Sesta sezione civile, presidente Enrico Scoditti, relatore Stefano Giaime Guizzi - se pure in relazione agli sport cosiddetti “a violenza necessaria”, in caso di lesioni personali conseguent­i ad attività sportive, la scriminant­e del “rischio consentito” possa operare con riferiment­o anche a quelle lesioni che siano conseguenz­a della violazione delle regole proprie dello sport praticato, purchè ricorra un collegamen­to funzionale tra gioco ed evento lesivo». Ora sarà fissata la data per la discussion­e del caso.

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