FESTA DI CAR
Con due sole operazioni ha raccolto 64 milioni: «A Sassuolo è più facile, ma crescere un giovane italiano paga. E favorisce il sistema»
Prima di cominciare raccomando agli estensori delle note biografiche wikipediane di Giovanni Carnevali di modificarle sensibilmente: l’ad del Sassuolo c’è lui nella foto - risulta infatti deceduto il 21 dicembre 2011 a Roma all’età di 64 anni. Eppure sono sicuro di avergli parlato ieri pomeriggio. Garantisco che sta bene, «ma non benissimo» come mi ha spiegato: «Sono a casa col covid, e per la seconda volta in pochi mesi. La prima, tra dicembre e gennaio, mentre stavamo vendendo Boga all’Atalanta: ventisette giorni di positività. Pensa, il virus si è ripresentato proprio nei giorni in cui abbiamo dato Scamacca al West Ham».
Bremer rinforzo della Juve
Puoi consolarti con gli oltre 60 milioni che le due operazioni hanno fruttato.
«Ventidue Boga, 36 più 6 di bonus e il 10 per cento sull’eventuale rivendita per Scamacca. Mi sembra una buona cosa, no? Anche perché il West Ham è una società di vendite».
Anche voi non scherzate: quanti milioni hai raccolto sul mercato in quasi dieci anni?
«Il tempo scorre troppo in fretta e finisce che non ci pensi più. Da Vrsaljko a Gianluca, mamma mia quanti ragazzi sono passati da qui prima di spiccare il volo».
Tu la costante.
«Quasi dieci anni e tutti in serie A. Nel 2019 ho avuto la possibilità di andarmene, c’era l’offerta, ma ho preferito restare fedele alla famiglia Squinzi. Gente fantastica, semplice, dei grandi lavoratori. Papà, mamma e adesso i figli e quella bella persona che è Carlo Rossi, l’attuale presidente».
Se non sbaglio, hai appena compiuto 40 anni di calcio.
«A livello dirigenziale, Giocavo nella Solbiatese. Ruolo, in mezzo al campo. Un osservatore stava per portarmi alla Salernitana, il trasferimento sfumò e proprio insieme a lui, mai fermarsi, fondai la Milanese, società dilettantistica. Il presidente era mio padre, Augusto, appassionatissimo di calcio - ora va per i 92 - io il vice. Introducemmo criteri originali per la categoria, invece di affidarci al solito allenatore dal doppio lavoro, puntammo su ex giocatori. Ricordo Garavaglia,
Fiorin, gente che ha continuato ad allenare. Poi nell’86 conobbi Marotta, che era al Monza».
L’incontro della carriera.
«Ero riuscito a vendere tutti i giocatori della Milanese tranne uno. Due al Milan, uno all’Inter e così via. Beppe ne aveva presi un paio, io gli segnalai che il più forte era proprio l’invenduto. Fui talmente persuasivo da convincerlo ad accollarsi anche quello. Curiosamente l’unico finito in serie A, Fabio Cinetti. Cinque presenze all’Inter, poi Torino, Chievo eccetera...».
Ti ricordo giovanissimo in Costa Smeralda insieme a Arrigo Sacchi, Giorgio Vitali, Ricky Sogliano, Ariedo Braida, Oscar Damiani.
«Un gruppo di amici, uscivamo spesso insieme, a Milano. Io il più giovane, tacevo, ascoltavo, assorbivo. Insomma, imparavo. Sì, Marotta è stato il mio maestro, già a fine anni 80 aveva una visione che non era limitata al campo e al mercato».
Qualcuno, proprio nell’occasione sarda, raccontò di aver visto Sacchi ballare sui tavoli. «Arrigo amava la bella vita e anche ballare, ma si è sempre trattenuto. Mai sui tavoli. Era già Sacchi, vinceva le coppe... Crescere accanto a Marotta è stato molto formativo, io ero una specie di team manager, ma mi occupavo anche di altro. In quegli anni conobbi pure Galliani, eravamo un po’ tutti monzesi, tra originali e per elezione. Pavia, Como, Ravenna e nel ’96, investendo sugli studi che avevo fatto, fondai Master Group
«Marotta è stato il mio maestro Lo conobbi quando era al Monza e gli vendetti due giocatori del mio club, la Milanese»
«Squinzi impostò il Sassuolo con i criteri dell’azienda Peccato non possa vedere i nostri giocatori in azzurro Era il suo sogno»
Sport, allargando le mie conoscenze. Grazie a questa società, occupandomi di comunicazione, fui contattato dalla signora Squinzi, Adriana, che mi propose il Sassuolo. Non sapevo neanche dove fosse, Sassuolo, e all’inizio presi tempo. Quando si presentò il patron non seppi dirgli di no, era impossibile negarsi a Squinzi. Il giorno che entrai in sede mi resi conto che c’era tutto da fare».
E tutto hai, avete fatto.
«Lo stadio, il centro sportivo. Sei mai venuto a vederlo?».
No.
«È bellissimo. Squinzi impostò il club con i caratteri e i parametri dell’azienda, pura imprenditorialità, indicando i vari passaggi del percorso di crescita. La linea dei giovani italiani era e resta centrale, lui sognava di portare i suoi giocatori in Nazionale. Purtroppo è mancato nel 2019 e non ha avuto la possibilità di veder realizzato il sogno... Il Sassuolo oggi è un modello di calcio sostenibile, qualcuno ci considera un’anomalia del sistema».
È un modello difficilmente
adattabile a un club di prima fascia.
«Si è migliorata più di tutte la Juve Inter alla pari se non cede Skriniar È un errore che il mercato si chiuda l’1 settembre»
«Ne sei proprio convinto? Io no. È chiaro che a Sassuolo ci sono le condizioni ideali per far giocare, sbagliare anche e maturare i giovani, ma allo sviluppo del talento noi abbiniamo da sempre l’obbligo della competitività».
Tra i tanti giocatori che sono passati da Sassuolo chi non