Corriere dello Sport

«Visto? L’oro olimpico non era un caso»

Il solito Stano, simpatico ed effervesce­nte Trionfo dedicato a moglie e figlia ma anche all’amica Palmisano «Insieme possiamo fare la storia»

- -di Christian Marchetti

«Massimo meriterebb­e una medaglia anche per l’uomo che è». Così ci disse un anno fa, qualche ora dopo il trionfo olimpico del marito, Fatima Lotfi, da sei anni moglie di Massimo Stano e da uno mamma di Sophie. Fatima per la quale Massimo Stano arrivò anche a convertirs­i all’Islam. Fatima e Sophie alle quali ancora una volta il trentenne cresciuto tra Palo del Colle e Castelporz­iano, qui per diventare marciatore di prima grandezza agli ordini di Patrick Parcesepe, dedica nuovamente la medaglia. Ma non solo: «È anche per Antonella (Palmisano, ndr) che non ha potuto gareggiare qui ma che, sono sicuro, avrebbe pure lei potuto bissare l’oro dei Giochi. Al telefono, le sue parole di ieri, oltre a quelle di Ivano Brugnetti (campione mondiale e olimpico sulla 20, ndr) e di mia moglie sono state preziose. Voglio lanciare un appello ad Antonella. Che torni alle gare perché, insieme, possiamo fare la storia».

DOVE STIAMO. Stano ha pronunciat­o quella parola anche sul traguardo. «Nella storia stiamo!» ha urlato nella sua irresistib­ile cadenza pugliese, stringendo la bandiera. Altre frasi da consegnare alla storia (appunto) sono «Nella mia testa doveva finire così» e, ritrovando la scaramanzi­a dei giorni scorsi, «Sono arrivato secondo anche oggi». «Mi sono messo davanti perché dietro c’era il rischio di non vedere - ha scherzato più tardi - Ho condotto la maggior parte della gara in “risparmio energetico”, facendomi tirare. Ogni tanto cercavo di dettare il ritmo e tornavo nel gruppo per vedere come gli altri rispondess­ero. Ho cercato di guardare il cronometro il meno possibile per non farmi condiziona­re dai ritmi. Negli ultimi quindici chilometri c’è stata una progressio­ne netta e, negli ultimi cinque, non so dove abbia trovato le energie. Mi sentivo svenire ma volevo così tanto vincere che mi sono detto “Puoi svenire dopo l’arrivo”. Ma non sono mai stato in crisi vera. Del resto ci siamo allenati moltissimo sull’aspetto della sofferenza e questa non mi ha spaventato di certo».

CHI L’HA VISTO. Prima della 35 km di ieri, il campione delle Fiamme Oro aveva scherzato sulla visibilità della marcia, sostenendo di essere riuscito con gli organizzat­ori a fissa

re la gara per le 15.15 italiane in modo da rubare qualcuno all’ombrellone.

«Ci tenevo a dimostrare che l’oro olimpico non è stato un caso e che il team Parcesepe e Massimo ci sono». E ancora: «Meno sei celebrato, meno pressioni hai e più riesci a fare bene. Nel corso della stagione non ho avuto problemi particolar­i e questo mi ha dato una possibilit­à in più rispetto agli altri campioni olimpici a cui va comunque riconosciu­to l’impegno. Oro a Tokyo uguale oro a Eugene non era certo un’equazione matematica».

E grazie a un marciatore l’atletica italiana torna a celebrare un trionfo iridato diciannove anni dopo l’ultima volta. «Sono contento di essere ancora una volta protagonis­ta, per giunta all’ultimo giorno. Questa medaglia dà fiducia all’atletica e sono convinto che darà ulteriore visibilità».

Ultimo capitolo il dilemma amletico: 20 o 35 km? «Continuerò a disputare la 20, poi ciò che verrà verrà. Nel frattempo rivedrò i passaggi di questa 35. Il mio sogno sarebbe disputare entrambe le gare alle Olimpia

di, ma ho notato che la 35 non sarà una gara individual­e. Vorrei chiedere al Cio di ripensarci e magari di farci completare la nostra prova in uno stadio e non in posti come questo, in mezzo ai lupi».

Ecco, c’è pure la stilettata finale. Tutto Massimo Stano, passo dopo passo. A conti fatti, dal Giappone all’Oregon non si è mai fermato.

«Stavo quasi per svenire ma mi sono detto: “Puoi farlo dopo l’arrivo”»

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ANSA L’abbraccio tra Stano e il giapponese Kawano in lacrime

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