Corriere dello Sport

Luciano a guardia della rivoluzion­e

De Laurentiis ha rifatto il Napoli imponendo un tetto agli ingaggi All’allenatore servirà più tempo ma è lui oggi la vera garanzia Ma se Kim e Kvara ingranano...

- Di Xavier Jacobelli ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

Avete presente la cessione di Higuain alla Juve (2016) e l’addio a Sarri (2018)? Due eventi che hanno segnato la storia recente del Napoli. Eppure, absit iniuria verbis, sia detto senza voler offendere nessuno, non c’è paragone con la rivoluzion­e d’estate che Aurelio De Laurentiis sta indefessam­ente firmando nell’Anno Domini 2022, incipiente la diciannove­sima stagione consecutiv­a della sua gestione, la tredicesim­a di fila in Europa. Ricapitola­ndo: via Insigne, via Ghoulam via Ospina, via Mertens, via Koulibaly, via Malcuit, sempre più via Meret; dentro Khvaratskh­elia; Olivera; Ostigard; Kim Min-jae; di ritorno Gaetano e Zerbin; sempre più vicini Kepa e Raspadori. Alzi la mano chi avrebbe mai immaginato una simile palingenes­i partenopea quando ADL, nel giugno del 2021 avvertì Insigne che bisognava ridurre il monte ingaggi, a cominciare dal suo. Tredici mesi dopo, l’ha ridotto eccome, tanto che Spalletti, convitato non di pietra al mercato di Giuntoli, dopo il test con il Maiorca ha affermato: «Abbiamo deciso di abbassare il tetto stipendi, per cui miriamo a quelli che rientrano in questo tetto». Luciano ha usato il pluralis maiestatis, ma occhio, questo non significa condivida dalla prima all’ultima virgola la linea dettata dal suo presidente, avendo aggiunto subito dopo: «Ci sono giovani promesse importanti che possono rientrare in questo tetto, poi, però, è chiaro che rinunci a una fetta di mercato: se usata dagli altri, può consentire loro di portare a casa il “pronto subito”, senza doverci lavorare molto».

Tradotto dallo spallettes­e: caro De Laurentiis, d’accordo sul taglio del monte ingaggi; d’accordo sulla necessità di portare a Napoli giovani di talento che possano assicurarn­e il futuro, però hai visto come si stanno muovendo Milan, Inter, Juve, Roma e anche la Lazio che ha accontenta­to Sarri in tutto e per tutto? Quindi, sappilo: io avrò bisogno di tempo, al contrario di Pioli, Inzaghi, Allegri, Mourinho e dello stesso Comandante, ora di Lotito. Intanto, prendimi Raspadori che ci divertiamo. Otto mesi fa, era il 10 dicembre, De Laurentiis definì Spalletti: «Il migliore allenatore che abbia mia avuto», addolorand­o le vedove di Sarri. Il terzo posto e il ritorno in Champions League hanno esaltato la maestria del signore di Certaldo che pure si sarebbe incatenato volentieri allo stadio Maradona, se il sacrificio fosse servito a evitare la cessione dell’“insostitui­bile” Koulibaly. Otto mesi dopo, a dodici giorni dal debutto nella nuova Serie A (Verona, 15 agosto, ore 18.30, Hellas-Napoli), più che mai il successo della rivoluzion­e ADL è nelle mani del signore di Certaldo. Che le idee chiare le ha eccome. A cominciare dal portiere: «Meret? Serve stare in piedi: se ti danno una spallata e vai giù È segno che non hai quel carattere e quella forza. La personalit­à passa anche dall’emotività». Si capisce perché Kepa Arrizabala­ga abbia detto sì al Napoli, ricambiato, a patto che Todd Boehly, nuovo patron del Chelsea si accolli il 75% dell’ingaggio del basco. Questi, nel 2018 era diventato il portiere più caro della storia, essendo stato pagato 80 milioni, poi però a Stamford Bridge è stato inesorabil­mente sospinto in panchina da Mendy. In difesa, se Kim ingrana e se nessuno dalla prima partita ufficiale gli chiede di fare il Koulibaly, il nazionale sudcoreano può essere una rivelazion­e. A centrocamp­o, se resta com’è, cioè se Zielinski e Fabian Ruiz rimangono, con Lobotka possono innescare la velocità di Kvaratskhe­lia e Lozano al servizio di Osimhen. Se poi davvero arrivasse Raspadori, si capirebbe perché Spalletti ne sarebbe entusiasta: dal 4-3-3 di cui sopra potrebbe passare anche al 4-23-1 con Raspadori che starebbe a Osimhen come nel Sassuolo stava a Scamacca. Il nuovo Napoli intriga parecchio. Può fare sfracelli, ma non sfracellar­si. Sennò, che senso avrebbe fare la rivoluzion­e?

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LAPRESSE Khvicha Kvaratskhe­lia, 21 anni, attaccante

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