FERRARI AVREBBE DETTO
Le umilianti e a volte incredibili sconfitte della Rossa aprono un dibattito che va dall’officina alla pista, dal Muretto ai piloti «QUI CI VUOLE IL MANICO»
Caro Cucci, scrivendole da appassionato sportivo di F1 e non solo, mi rendo conto come nei confronti della Ferrari, soprattutto di Binotto, io sia diventato più pompiere che attizzatore. Certo da tifoso sono deluso per l’ennesima debacle della Rossa che sancisce un altro anno da zero titoli; ma quest’anno gli ingredienti per fare bene c’erano tutti perché bisogna riconoscere che dopo anni di vetture sbagliate alla grande, la F175 è riuscita, certamente da perfezionare, ma competitiva sì. Certo Binotto deve, nella sua posizione, chiarire ogni volta le diverse debacle che stanno capitando, ma io mi chiedo che colpa ne ha? Se la vettura c’è vuol dire che i tecnici che l’hanno progettata li ha scelti bene, i piloti pure, da maturareancoraunpochinoforse. Ecco, il famigerato muretto box con tanto di muretto remoto sembra l’anello debole, ma a me sembra che quest’anno ci sia stato un bel fritto misto di cause che hanno penalizzato la Ferrari. Io quest’anno lo considererei l’anno zero da cui ripartire perché essere lì a rendere la vita difficile a Red Bull e aver sopravanzato la Mercedes non è poco, forse è solo questione di pazientare ancora un pochino perché tutti gli ingredienti si integrino bene per fare la cosiddetta ciambella col buco. La F1 va in ferie ma il campionato incombe, insomma c’è sempre da stare all’erta.
Paolo Bigi, libero.it
VIVERE DI RICORDI? - Caro Italo, se permetti oggi ti scrivo degli anni che passano e di quelli che fanno proclami roboanti, che però restano parole al vento. Io ho 73 anni e tu qualcuno di piu di me. Comincio a pensare che, per esaltarsi per una vittoria Ferrari in Formula 1 o nelle corse di durata, quelli della nostra età dovranno ripensare al 1964, l’anno di Surtees, al 1975, il primo anno di Lauda, e ai primi Anni 2000, quelli di Schumacher. E alla 24 Ore di Le Mans del 1965, con la 275/LM di Rindt e Gregory, peraltro del N.A.R.T. di Chinetti. Prima dell’Hungaroring, Binotto chiedeva una doppietta. Ma una doppietta de che? - come dicono a Roma. La Ferrari di oggi ha una monoposto competitiva e due top driver, di cui uno (il francese) per me più dell’altro. Ma ha un box e dei dirigenti che non sanno cosa sia la Formula 1, specie quella di oggi. Tra non molto la Red Bull sostituirà i motori Honda con i nuovi Porsche e chi conosce i tecnici di Stoccarda, ricorda le 908 e le 917 contro cui le 312 e le 512 di Maranello la spuntarono poche volte 50 anni fa. E poi tornerà ai Grand Prix anche l’Audi, che vuole rinverdire i successi delle Auto Union di Rosemeyer e Stuck negli Anni Trenta. E la Ferrari a parlare, nei giorni scorsi, di chi favorire, tra Leclerc e Sainz, dopo la doppietta dell’Hungaroring, che Binotto anticipava a gran voce. Già, ma quale doppietta? In Formula 1, le doppiette prima si fanno e poi si pensa a come gestire i punti fatti. Non il contrario. Sai che ti dico? Mi spiace per il Drake, che anche domenica, lassù, avrà passato un brutto pomeriggio.
Paolo Marasca
Il principe di Metternich avrebbe detto “fatta la Ferrari facciamo i ferraristi”. Che non è una battuta. A Maranello è cambiato il mondo, a Maranello si lavora per vendere le Ferrari, il business - come nel calcio - conta più dello sport. Nel corso del 2021, la Ferrari ha venduto 11.155 auto in tutto il mondo con un incremento del +22% rispetto ai dati del 2020 e del +9,18% rispetto al risultato da record ottenuto nel 2019. Beh, io ricordo che il Vecchio cominciava a incazzarsi quando la produzione andava oltre 1500 vetture. «La Ferrari è preziosa!» diceva. E sottovoce “non è una Porsche”. Quando gli feci notare che anche la Porsche ostentava nel marchio un cavallino rampante sogghignò: «Quella è una cavalla!». Quando ci fu la crisi energetica del ‘73 e le Ferrari, ottime consumatrici di benzina, giacevano invendute, un giorno Franco Gozzi gli piombò entusiasta in ufficio: «Ferrari, un americano ha chiesto due macchine! Gliele mandiamo subito?!». «No, fra tre mesi, come sempre. Devono aspettare. La Ferrari è preziosa!». Non le ho sentite dire, ‘ste cose: c’ero, e ho vissuto quelle incredibili stagioni in cui la Rossa primeggiava nel mondo senza vincere in pista. Poi arrivò Schumi, ma il Drake non c’era più. Più tardi, Marchionne con la Ferrari comperò il mondo che oggi non è più a Torino come ai tempi di Ghidella, adorato dall’Ingegnere - e quando decise di fare a meno di Luca di Montezemolo - il presidente supervincitore - era convinto che avrebbe accompagnato i grandi successi industriali con quelli sportivi. All’inizio fu difficile, pensò addirittura di lasciare la F1. Poi arrivò Vettel… Ora è fuor di dubbio che a Maranello abili tecnici hanno messo al mondo una Ferrari bella e potente ma la gestione sportiva - il Muretto - non è adeguata alla splendida Rossa che invece pare abbia trovato due piloti di qualità. Cosa può mancare a Leclerc e Sainz? Parlandomi di un suo bravo pilota, serio e impegnato, un giorno Ferrari mi disse: «Ha tutto per correre, ma non è un manico». Propongo ai critici della F1 (io ormai son fuori) un dibattito sul Manico. Titolo che può estendersi a vari settori. Anche al Muretto. Non sarebbe tempo perso. Mentre oggi onde evitare problemi di varia natura - come precisava Longanesi “parliamo dell’elefante” tralasciando gli argomenti scomodi. Diceva il genio di Bagnacavallo: «Fanfare, bandiere, parate. Uno stupido è uno stupido. Due stupidi sono due stupidi. Diecimila stupidi sono una forza storica».