C’era una volta Nereo Rocco
Le quotidiane vicende tecniche accompagnano il calcio a un degrado epocale. Bello ritrovare il tempo e le opere dei vecchi Maestri
Caro Cucci, a conclusione di uno dei più bei romanzi di Agatha Christie, “Miss Marple al Bertram Hotel”, una giovane cameriera aspirante investigatrice chiede alla protagonista:“MissMarple,comefaccio a diventare brava come lei?”. La risposta: ”Diventi vecchia!”.
Questo finale mi è rimasto impresso vedendo il mondo del calcio, dove la vecchiaia mi sembra un valore. Non tanto per lei, Maestro, che più che Miss Marple sarebbe Hercule Poirot, ma per dirigenti e critici. A chi non ha vissuto la nostra epoca manca qualcosa. Quando sento parlare dirigenti, giornalisti, arbitri, mi rendo conto che gli anziani hanno una marcia in più. La risposta che mi do pensando alla filosofia è che chi ha vissuto anni dopo la morte di Socrate ne ha studiato le opere, ma non potrà mai essere alla pari con chi ha vissuto l’epoca di Socrate o lo ha addirittura conosciuto e gli è stato accanto. Lei, la sua generazione, ed anche io suo umile discepolo, abbiamo vissuto e conosciuto Socrate, eravamo giovani quando il calcio dopo decenni di individualismo e di improvvisazione ha affrontato con serietà e visione rivolta al futuro il discorso tecnico e tattico. E come giornalisti parlavamo con i Socrate, Platone ed Aristotele calcistici, i grandi tecnici, campioni e personaggi di allora, che non erano icone irraggiungibili come oggi.
Tra le tante esperienze da cronista provinciale ricordo con nostalgia il mio primo incarico al seguito di una squadra in preparazione, il Torino di Rocco. Nereo mi aveva preso in simpatia e alla fine dell’allenamento parlava con me di calcio spiegandomi tante cose che allora non potevo capire. Chi non ha vissuto giorno dopo giorno quell’epoca, tecnico o cronista, e la ha studiata come quelli venuti dopo Socrate, ha un gap che non può facilmente colmare, salvo encomiabili eccezioni di personaggi di vertice. Lo salva la circostanza che i suoi utenti, gli appassionati, gli sportivi, i tifosi, in gran parte non sono vissuti ai tempi di Socrate e quindi prendono per oro colato le sue verità
che sono invece come le ombre scambiate per il vero dai prigionieri della caverna platonica. Chi ha vissuto ai tempi di Sacchi e di Guardiola ha ricevuto ed assorbito il messaggio che quello è il vero calcio, e deve essere riproposto bello ed immutabile come verità assoluta. Questa utopia ci ha fatto perdere anni inutilmente ed ha distrutto la nostra storia. Mentre Coverciano sfornava allenatori accolti come profeti della grande bellezza, salvo poi sparire nel nulla, all’estero il progresso avanzava. Antonio Maria Ioli,
Rimini
Oggi il quotidiano-net dell’Isola, “Pantelleria News”, ha dato notizia della seconda isolana ultracentenaria (104) che se ne va in poco tempo e più che un annuncio di morte m’è sembrato piuttosto un vistoso segnale di vita. E mi son detto: ”Forse ho trovato il posto dove tirare al secolo, come mia madre…”. E ho aggiunto,
dentro di me ridendo: “Potrei vincere il titolo di Rompicoglioni Centenario”. Così mi chiamò per primo - e la lista s’allungò - proprio il suo Nereo Rocco (che oggi avrebbe 110 anni) quando il calcio era quello che lei ha raccontato. Ero riuscito a realizzare una guerricciola a distanza fra lui e Pesaola, nel ‘69, e l’aveva persa. Per colpa mia - diceva. Il 12 gennaio del ‘71, dopo che Benetti aveva fatto fuori (per sempre) Liguori in Milan-Bologna, dedicai una nota velenosa al Paròn che aveva minimizzato il fallaccio. Il ds del Milan, Passalacqua, scrisse al mio direttore Enzo Biagi chiedendogli la mia testa per conto di Rocco. Biagi mi consegnò la lettera: “Gli risponda, sul giornale”. Gli risposi. Titolo calviniano: ”Il cavaliere inesistente”. Ci fecero far pace Rivera e Padre Eligio. A tavola, a Milano, concludemmo con una stretta di mano che era sufficiente ritrovarsi difensivisti. E il Paròn disse: ”Se capisse. El g’ha lavorá col Brera”. Quelli eran tempi…