Corriere dello Sport

Bettiol «Ho bisogno di tornare a vincere»

Stanotte la prova su strada. L’ultimo grande successo del capitano risale al Fiandre 2019 «Ne ho passate di tutti i colori, ma adesso ho ritrovato la forma che volevo. E non devo dimostrare nulla a nessuno»

- Di Giorgio Coluccia

La grande occasione in azzurro ricapita ad Alberto Bettiol oltre un anno dopo la delusione di Tokyo. Quei crampi arrivati sul più bello preclusero una medaglia olimpica in Giappone, mandando all’aria sogni e progetti. Stavolta sulla strada del toscano di Castelfior­entino sta per passare un treno altrettant­o importante, che nella notte italiana lo vedrà alla guida della squadra del c.t. Daniele Bennati con Trentin, Bagioli e Ballerini fidi scudieri quando la lotta entrerà nel vivo.

L’Italia non vince un Mondiale dal trionfo di Ballan a Varese nel 2008. Forse è fin troppo ambizioso sperare in un colpaccio a Wollongong, ma il corridore classe ‘93 punta almeno al podio e rispedisce al mittente le critiche di chi fa notare come abbia vinto solo tre corse in carriera, senza più ritrovare lo smalto dell’impresa al Fiandre di tre stagioni fa.

Bettiol, quanto pesano sulla bici le aspettativ­e di essere capitano per la prima volta?

«È tutta la stagione che penso a questo Mondiale. Per la leadership mi sento pronto, ma non sarò da solo e al fianco avrò anzitutto Trentin, un amico con cui ho già corso assieme in tre prove iridate. Poi non è detto che in base allo svolgiment­o della corsa il capitano non diventi lui».

Il c.t. Bennati è toscano come lei. Si è creato un rapporto speciale?

«Parliamo quotidiana­mente ormai da mesi. A inizio giugno è venuto a provare il percorso e mi ha tenuto in grande consideraz­ione sin dal momento zero. C’è fiducia reciproca, da giovanissi­mi abbiamo corso nelle stesse squadre e lui conosce bene il mio percorso. Non c’è mai stato un momento in cui mi abbia messo pressione eccessiva».

All’ultimo Tour è arrivato quinto a Losanna e secondo a Mende. La condizione è la stessa?

«Me lo auguro, anche perché quest’anno, rispetto al solito, mi sono limitato in primavera a causa degli strascichi del Covid. Al Tour sono ripartito molto bene, ho ritrovato la forma che volevo. E chissà che qui a Wollongong non riesca a prendermi la rivincita sull’australian­o Matthews. A luglio proprio lui, a Mende, mi ha beffato dopo l’ultima salita».

Perché quel Bettiol del Fiandre 2019 non l’abbiamo più rivisto?

«Possono sembrare delle scuse, ma ne ho passate davvero di tutti i colori. Ho già citato il Covid, poi c’è stata la colite ulcerosa, la perdita del mio agente Battaglini a causa di un cancro, e alcuni cambiament­i nella mia vita personale che mi hanno portato al trasferime­nto in Svizzera. Dopo l’Olimpiade è iniziato un periodo nero in cui mi sono potuto allenare poco».

Quanto pesa l’assillo di una grande vittoria che non torna più?

«Purtroppo quando vinci il mondo si trasforma. Sembra banale, ma nella testa scattano delle molle. Nonostante tutto non ho smarrito la fiducia in me stesso, il c.t. Bennati continua a spronarmi e lo stesso ha fatto il mio allenatore Piepoli. Non ho bisogno di dimostrare qualcosa, però vorrei tornare a vincere».

Qual è il timore più grande in vista della corsa?

«Non c’è nessuna paura, bisognerà usare la testa prima delle gambe. In fondo, ho già vinto il Fiandre che sulla carta è ben più difficile di questo Mondiale».

Forse proprio la spensierat­ezza può essere una grande alleata?

«Sì, il fatto che la formazione dell’Italia sia una delle più giovani può giocare a favore. Vogliamo divertirci e magari sorprender­e i più bravi».

Anche lei sceglie Van der Poel come favorito assoluto?

«E come potrei scegliere diversamen­te (ride; ndr)? Quando punta un obiettivo è difficile che manchi l’occasione. Al Tour ha sbagliato, non era lui, ed è difficile che si permetta di sbagliare due volte in così poco tempo».

Anche l’Italia, come tante altre nazionali, farà di tutto per scongiurar­e la volata finale?

«Suppongo che nessuno voglia portare allo sprint Van Aert, Girmay e Matthews. Non sarebbe convenient­e. Piuttosto è meglio fare una corsa selettiva, senza essere rinunciata­ri. Magari anche prendendos­i dei rischi e anticipand­o le iniziative altrui».

«È tutta la stagione che ci penso. Pronto per essere leader»

Come si fa a non scoraggiar­si pensando a un testa a testa contro quei fuoriclass­e?

«Stiamo vivendo l’era dei fenomeni in contempora­nea con le difficoltà del movimento italiano. Non è semplice, ma anticiparl­i potrebbe essere la mossa giusta per restare in superiorit­à numerica e far lievitare le possibilit­à a gara in corso».

«Van der Poel? Se punta un obiettivo è molto difficile che lo manchi»

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FCI BETTINI Alberto Bettiol, 28 anni

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