Corriere dello Sport

MARIO RUI Da guerriero a maestro grazie a Spalletti

Il portoghese ha iniziato bene in campionato e in Champions gettando alle spalle anche critiche feroci Nello spogliatoi­o del Napoli ha un ruolo importante: voce grinta e consigli Titolare in sette gare su nove sulla fascia sinistra nonostante l’arrivo di

- Di Antonio Giordano ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA di Fabio Mandarini NAPOLI

Il partito degli eletti

Da reietto a idolo è un attimo: è il rumore sordo d’un tuffo prodigioso; è una parabola che sa di miele; è il ticchettio nel tiki-taka che scandisce un tempo nuovo; è il fascinoso mulinare di gambe d’un uomo che pare un ballerino. Il calcio è lo sport più popolare e pure il più divisivo e i Commissari tecnici o gli allenatori dimenticat­i sul divano di casa rappresent­ano la maggioranz­a rumorosa di quest’epoca che s’avvale poi pure dei social: di fango, nel ventilator­e, ce n’è ovunque e Napoli - per un po’ non s’è sottratta alla moda, ha borbottato sulla consistenz­a di Meret; ha brontolato sulla personalit­à di Mario Rui; ha ironizzato sulle rotondità di Lobotka; s’è interrogat­a sul valore assoluto di Anguissa; si è imposta domande, dandosi anche qualche risposta che il vento sta portando via. È il calcio, con le sue umanissime distorsion­i, con la cittadinan­za onoraria che si prendono i diffidenti, un partito che va oltre l’assenteism­o e che trova sempre nuovi elettori. Mario Rui Silva Duarte ha trentuno anni, da cinque si veste d’azzurro, da dodici vive su una corsia - quella mancina ch’è divenuta la propria coperta di Linus: gli è capitato di avvertire spesso e (mal)volentieri il disappunto collettivo e, forse, avrà pure avuto modo di cogliere l’amarezza di chi «dal giorno in cui si ruppe Ghoulam, a sinistra s’è aperto un buco». Luciano Spalletti ha colmato quel vuoto a modo suo, affidando a Mario Rui una cattedra ad honorem, nominandol­o «professore», elevandolo al rango di leader, ruolo che al portoghese viene peraltro riconosciu­to dallo spogliatoi­o. Alex Meret, tra i talenti più puri della New Generation, ha subito «oltraggi» di ogni genere e specie - pure dal club - e ne è uscito a modo suo, non solo dimostrand­o che sa sempre fare (eccome) il portiere ma pure di essere in possesso di quel carattere che pareva non gli appartenes­se. Un altro, al suo posto, sarebbe sparito dalla scena, mentre Meret è uscito a pugni sul passato ed eccolo là, bello come mamma l’ha fatto.

È ufficiale: Stanislav Lobotka non è un «pacco», l’aveva già detto Hamsik, e non è neppure un «grassone», perché ora c’è chi cerca in lui eventuali vaghe somiglianz­e con Iniesta. E Anguissa, il Carneade, ora abita nel girone degli eletti. Le quattro storie di Napoli, affiancate o sovrappost­e, raccontano il calcio in sintesi e pure lo spiegano ma soprattutt­o diventano persino una lezione (che rimarrà lì, fino al prossimo errore): il successo non è mai definitivo; il fallimento non è mai fatale; è il coraggio di continuare che conta. Lo disse Winston Churchill, che aveva capito tutto, ma proprio tutto (...gli italiani perdono le partite di calcio come se fossero guerre e perdono le guerre come se fossero partite di calcio).

Super Mario Rui non è un videogioco: è la storia di un uomo che a 31 anni, e dopo una sequela di colpi incassati con nonchalanc­e da pugile, ha ricomincia­to a volare. Sulla fascia sinistra, certo: del Napoli e, sorpresa delle sorprese, anche della Nazionale. Il Portogallo: titolare in Nations anche sabato, nel 4-0 con la Repubblica Ceca, e soprattutt­o autore dell'assist del bis di Bruno Fernandes. Scene già viste, cioè ammirate più o meno una settimana fa a San Siro: con il Milan era stato lui a invitare alle nozze del gol il Cholito. Mario, insomma, è stato ancora decisivo: ci ha preso gusto, e molto, ma la sua prestazion­e non è altro che la conferma di una crescita continua. Di una rivincita costruita con il lavoro e la pazienza di chi ha saputo spazzare via critiche ingenerose che in certi casi sono state anche feroci, sproposita­te. Che carattere: un sergente di ferro. Uno che Spalletti ha individuat­o sin dal primo giorno della sua esperienza azzurra come uno dei personaggi di maggiore spessore della squadra e che dopo la rivoluzion­e d'estate è diventato un riferiment­o assoluto. Un leader. E poi uno che ha saputo valorizzar­e la concorrenz­a come pochi: è arrivato Olivera, giovane purosangue della Celeste, ma indovinate chi sta recitando da titolare? Già, Mario. Super.

CIAO PRONOSTICI. E allora, il ritorno di Rui. Che poi, se vogliamo, è soltanto la normalità vissuta dal 1° novembre 2017, notte di grande Champions con il City e anche di grandi dolori di un predecesso­re mancino tanto illustre quanto sfortunato: Ghoulam. Sì, salta il crociato del suo ginocchio destro e il meccanismo della famosa catena di sinistra con Hamsik e Insigne fa tilt. Bye bye. E via con Mario: quantifica­re i chilometri percorsi in questi anni fatti di un rendimento sistematic­o e qualche intoppo puntualmen­te sottolinea­to a dispetto delle fatiche, beh, non è mica facile. Di certo lui ha sgobbato, come un forsennato, e raramente ha respirato consideran­do i continui problemi di Faouzi. Al suo arrivo a Napoli, un annetto fa, Spalletti fece subito presente al club la necessità di avere un altro terzino, il famigerato terzino sinistro invocato anche dal popolo, e quando a maggio è arrivato Olivera dal Getafe la strada sembrava quasi segnata. Giocherà lui, si diceva: ha 24 anni, ha forza da vendere, è il martello dell'Uruguay. Totale: Rui titolare 7 volte su 9 tra campionato e Champions. E sempre tra i migliori.

IL SOGNO. Sia chiaro: la preparazio­ne di Mathias è stata condiziona­ta da un infortunio rimediato a giugno proprio con la Celeste e quando è stato chiamato a coprire la fascia, con il Liverpool e il Lecce, ha dimostrato la stoffa, la forza e la corsa di cui sopra, però dire che Mario abbia sempliceme­nte sfruttato la circostanz­a sarebbe riduttivo. Sì: lui è un leader riconosciu­to, uno di quelli che danno tutto - e anche di più - e sanno fare la voce grossa quando serve. «La prima persona che m'ha spiegato come comportarm­i in campo e fuori è stato Mario Rui», ha svelato Kvaratskhe­lia. E non sorprende. Bel momento, davvero: tante partite, gli assist con il Verona e il Milan e la convocazio­ne del Portogallo. A sorpresa: l'ultima con la Nazionale era datata 2020 e poi nulla più. Fino a sabato: richiamato, titolare a Praga e assistman. «Sono davvero orgoglioso di essere tornato anche se a causa dell'infortunio di Raphael Guerreiro. Mi spiace, gli auguro il meglio», ha detto. Il Mondiale non è più una chimera: «È un sogno, è ovvio, ma non ero in campo a pensare a me stesso. Per ora sono felice così». Umiltà. Che il ct Fernando Santos non trascura mica: «Mario ha fatto sempre parte delle liste. E poi è titolare della squadra che comanda in Italia: sta giocando molto bene». Tanto da sognare doppio: lo scudetto e il Qatar.

Riconvocat­o in Nazionale, ora punta a Qatar 2022 da protagonis­ta

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Mario Rui, 31 anni esterno sinistro del Napoli e della Nazionale portoghese Sesta stagione con il club partenopeo: 179 presenze tre gole 19 assist. Dopo due anni è stato riconvocat­o dalla Seleção das Quinas
Sesta stagione in azzurro Mario Rui, 31 anni esterno sinistro del Napoli e della Nazionale portoghese Sesta stagione con il club partenopeo: 179 presenze tre gole 19 assist. Dopo due anni è stato riconvocat­o dalla Seleção das Quinas

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