In campo col passaporto i nostri giocano la metà
I dati dei minuti disputati confermano: non è una Serie A per italiani
La questione è che se li prendi poi giocano. L’Italia si è stabilizzata su una quota di calciatori stranieri largamente maggioritaria e la Serie A viene governata di conseguenza. Il Milan, di cui si parla accanto, non è neppure in cima alla classifica se scegliamo di prendere come misura numero e percentuale di minuti in campo. È all’82,04% di tempo di gioco affidato a chi proviene da federazioni estere. Davanti a tutti, e può sembrare strano, troviamo il Torino con 86,96%, seguito dallo Spezia con 86,79%.
Guardando alle squadre di maggior nome, quello dei rossoneri è un dato in effetti anomalo, nettamente sopra la media. Secondo i calcoli del sito Transfermarkt, i giocatori stranieri in Serie A si sono stabilizzati intorno al 62,5%: cifra appena superiore a quella della scorsa stagione. La percentuale di utilizzazione è al 69,90 per l’Inter; 64,50 per la Juventus; 73,15 per il Napoli; 61,21 per la Roma. Il Napoli è un po’ più su di altre, ma della grossa siamo in linea con le previsioni. La Lazio invece sta parecchio al di sotto: 50,51% nonostante il fatto che in rosa il numero di stranieri sia pressoché doppio di quello degli italiani. Piuttosto bassa anche la Fiorentina: 55,69% di minuti per gli stranieri.
Magari “stranieri” non è proprio un termine gradevole all’orecchio dell’anima, ma lo utilizziamo ugualmente per chiarezza. Fa effetto il numero dall’aria virtuosissima del Monza: 27,65% di tempo di campo per i giocatori esteri e 72,35% per gli italiani. Unica squadra
Nel Milan la percentuale supera l’80%. “Virtuose” Fiorentina e Lazio, il Monza controcorrente
a proporzioni invertite rispetto alla norma. Sono numeri che trovano peraltro riscontro nella composizione dell’ampia rosa: 25 italiani, 10 stranieri e 2 con doppio passaporto nel Galliani team.
Che gli italiani giochino poco nel nostro campionato è assodato. Che questo sia il principale motivo delle difficoltà della Nazionale è da discutere. Vero comunque che un Paese come l’Inghilterra ha il miglior torneo del mondo, con il 66,6% di giocatori stranieri e una rappresentativa che a sua volta balbetta; mentre una scuola in perenne e fecondo rinnovamento come quella spagnola ospita appena il 41,9% di calciatori provenienti dall’estero. Il ct Roberto Mancini da parte sua è convinto che una simile invasione, per quanto pacifica e silenziosa, crei soprattutto problemi e lo ha ribadito pochi giorni fa: «Quando è cominciato il mio mandato non trovavo molti giocatori convocabili. Adesso ne trovo ancora meno. Chiamiamo pure ragazzi della Serie B, però poi o restano lì o vanno all’estero. Gli ostacoli sono soprattutto in attacco. Spero si tratti di un’anomalia passeggera, visto che da noi abbiamo sempre avuto grandi punte. L’Udinese è una bella novità, però ha tanti stranieri».
In effetti, a Udine i giocatori esteri vanno in campo per l’82,28% del tempo. Non esattamente un serbatoio di promesse per l’Italia. Può anche darsi che avere un gran numero di giocatori nostrani in rosa sortirà effetti positivi sul piano dei risultati dopo la lunga e inconsueta sosta per il Mondiale: forze fresche nelle fasi decisive del campionato. Ma questo probabilmente dipenderà più dalla bravura dei preparatori atletici che dal colore dei passaporti.
Il ct Mancini ha già lanciato l’allarme «Tante difficoltà con gli attaccanti»