Migliozzi «Ho vinto grazie alla mia band»
Reduce dal trionfo all’Open di Francia il nuovo n.1 italiano racconta la rinascita dopo due anni duri «Il ritorno con il coach degli esordi, il feeling col manager Horan degli One Direction. Poi c’è stata la sorpresa di Marta»
«Ho sentito che presto cambieranno il nome del campo - da “Le Golf National” a “Nazionale” - per far contenti noi italiani».
Ha ragione Guido Migliozzi, 25 anni, vicentino con residenza a Dubai: il “National” di Guyancourt (Parigi) ha visto, nel 2018, Francesco Molinari dominare in Ryder Cup; recentemente ha accompagnato l’Italia al primo titolo mondiale a squadre; e, domenica, è stato testimone del trionfo, con tanto di rimonta da film, di Guido Migliozzi all’Open di Francia. Terzo azzurro dominatore Oltralpe dopo Ugo Grappasonni nel ‘49 e Costantino Rocca nel ‘93. In tasca 510.000 euro e, nel ranking mondiale, la “promozione” a primo golfista d’Italia al gradino 108: 60 posizioni più su della settimana scorsa e 35 rispetto allo stesso “Chicco” Molinari, passato in seconda piazza. Impressionante anche il balzo in avanti nella classifica continentale, da numero 79 al 21.
Migliozzi, lo sa che sui social qualcuno la vedrebbe anche come presidente del Consiglio dopo quel secondo colpo alla 18 (eagle sfiorato con una botta da 200 metri) che le ha consentito di ottenere il birdie decisivo per superare il danese Hojgaard?
«Ah, io premier direi proprio di no. Quanto a quel colpo, è semplicemente indescrivibile. Non stavo pensando alla necessità di fare qualcosa di straordinario per vincere il torneo. Ero semplicemente concentrato sul gesto ed è venuta fuori una cosa bellissima. Sì, domenica il golf mi ha dato tanto».
Però era tranquillo, no?
«Mica tanto. C’erano e ci sono ancora tante cose in ballo, a cominciare dalla Race to Dubai (ultimo e sontuoso atto del DP World Tour; ndr). E comunque attraverso questa difficile stagione, iniziata con tante belle aspettative e obiettivi ambiziosi che, però, col passare delle settimane vedevo diventare sempre più piccoli».
E ora golfista numero 1 d’Italia: come suona?
«Mi riempie d’orgoglio. Già dalle Elementari (a 9 anni cominciò a seguire sui campi il papà golfista; ndr) sognavo di diventare un giocatore pro’ e di avere una simile etichetta. Ora sto lavorando per crescere sempre di più».
Lo sa che su di lei esistono una pagina Wikipedia in inglese, un’altra in norvegese, ma non in italiano?
«In norvegese!? A ogni modo, sono un tipo a cui piace stare tranquillo e che non cerca particolari attenzioni. Se queste vengono per meriti sportivi tanto meglio».
È seguito dalla “Modest! Golf Management” di Niall Horan, componente della boy band One Direction. Come si trova?
«Sono stato il primo a firmare per loro e mi seguono sin da quando passai professionista, nel 2016.
Sto bene ed è bello far parte di un team di brave persone. Con Niall giochiamo spesso insieme ed è stato uno dei primi che ho sentito domenica».
Sempre domenica ha parlato però di una lunga strada tortuosa dal 2019. Cosa è successo dopo quei due titoli nel Tour?
«È arrivato il Covid, ma non solo. Perché dopo le gare annullate e un ottimo 2021, con un quarto posto allo US Open, ho vissuto un avvio di 2022 turbolento, in cui non trovavo i colpi giusti. Ero seguito da Alberto Binaghi, ma poi ho deciso di tornare agli inizi, a Niccolò Bisazza, col quale sono nato sportivamente al Golf della Montecchia di Padova e mi fa anche da caddie. Ho cambiato visione, senza nulla togliere a Binaghi, che per me resta il migliore in Italia».
Più di una visione, a Parigi, è stata quella della sua fidanzata Marta: quanta forza le ha dato?
«Passato il taglio venerdì, sabato me ne stavo in campo pratica prima di cominciare il terzo giro quando l’ho vista. Mi ha regalato una bellissima sorpresa. Anzi, “ci”, visto che assieme a lei c’era anche Monica, la moglie di Niccolò. Mettiamola così: siamo rimasti entrambi colpiti dalla loro presenza».
Gioco delle tre parole: la prima è “Ryder”. Cosa ci dice? «Che se si lavora bene è fattibile. Caspita, è già un sogno poter giocare in Ryder Cup. Figuriamoci poterlo fare l’anno prossimo a Roma!»
La seconda è “LIV”. Cosa pensa del ricco e chiacchieratissimo circuito saudita?
«Per alcuni giocatori una vincita al Superenalotto. E sono anche giocatori a cui il golf ha dato molto. Però non ne ho un giudizio negativo. Anzi, trovo che la competizione con la LIV sia stata da sprone agli altri due Tour per coalizzarsi e migliorare. E, se poi regalano soldi, potrebbero anche guardare da questa parte», ride sotto i baffi.
«Non l’aspettavo a Parigi, mi ha fatto un’improvvisata dopo il “taglio”»
L’ultima parola è “Futuro”. Come lo vede?
«Giovedì inizia l’Alfred Dunhill all’Old Course di St. Andrews, in Scozia. Il prossimo e prestigioso appuntamento. Da lì vedremo. Ora voglio andare avanti un passo alla volta».
«L’arrivo del Covid mi ha frenato. Io in Ryder? Fattibile se lavorerò bene»