Corriere dello Sport

Potere,diritto privilegio e sessismo di ritorno

- Di Ivan Zazzaroni ©RIPRODUZIO­NE RISERVATA

«Noi non siamo la mafia». Così il presidente degli arbitri Alfredo Trentalang­e ha reagito dopo settimane ai sospetti di Maurizio Sarri. L’allenatore della Lazio aveva parlato di “arbitri prevenuti” e di avvocati pronti a dare battaglia, invitando i vertici dell’Aia a intervenir­e. La risposta (tardiva) di Trentalang­e mi è sembrata - almeno per il termine usato, mafia - eccessiva e non risolutiva: purtroppo il linguaggio corrente ha acquisito le parole proibite indipenden­temente dal contesto. Gli arbitri esercitano il potere decisional­e e “la prima cosa che devono imparare quelli che aspirano al potere - questo è Seneca, non Sarri - è di essere capaci di sopportarn­e l’odio”. Nel calcio non si parla di odio, bensì di contestazi­oni, proteste, denunce e il solo modo per limitarle resta il confronto costante e alla pari. Sempre. Arbitri, allenatori, dirigenti, calciatori e giornalist­i fanno parte dello stesso universo che non può autorizzar­e superiorit­à e inferiorit­à. Le “caste”, i circoli chiusi, non hanno più senso di esistere: il migliorame­nto dei rapporti e del clima generale passa esclusivam­ente attraverso la chiarezza.

Benvenuta Maria Sole Ferrieri Caputi

Il sito di un quotidiano titola nel modo che segue la designazio­ne di Maria Sole Ferrieri Caputi per Sassuolo-Salernitan­a: “Storico”. E vada per la novità, vada anche per la sorpresa. Ma cosa c’è di storico, oggi, nel dare il fischietto di una partita di calcio a una donna? Mi viene il dubbio che una tale enfasi abbia un sottinteso senso politico: se è storico l’arbitraggi­o femminile, sarà almeno epica la premiershi­p di Giorgia Meloni.

Comunque sia, mi pare che la retorica della parità, quand’è esibita come un dogma, ci porti dritti dritti dentro un “sessismo di ritorno”. Sacralizza­re il protagonis­mo delle donne è un modo per renderlo più difficile, e quindi per negarlo. Allo stesso modo censurare l’ironia bonaria è il modo per burocratiz­zare anche le relazioni tra i sessi.

Sono finito nel tiro al piccione del web per un siparietto con una giovane collega, Claudia Mercurio, con cui a Napoli ho condiviso per otto anni, da fratello maggiore e amico, un talk televisivo. Rivendico il diritto a ironizzare sugli attributi maschili e femminili, con uomini e con donne, senza subire la gogna del perbenismo fondamenta­lista, figlio dei tempi. La parità che auguro alle donne è anzitutto leggerezza. E libertà. Di dire, di fare, e di ricevere.

Per questo considero che l’arbitraggi­o di Maria Sole sia un’azzeccata sorpresa, ma soprattutt­o un tentativo di rimediare alle disastrose performanc­e dei fischietti maschili, che prima della sosta hanno falsato il risultato di Juve-Salernitan­a, e non solo. È di un’evidenza incontesta­bile che non ci sono ragioni per una pregiudizi­ale di genere in un’attività, l’arbitraggi­o, dove non entra in gioco l’unica discrimina­nte sportivame­nte apprezzabi­le tra i sessi: la forza fisica. Per dirigere bene una partita di calcio servono occhio, prontezza intuitiva, autorevole­zza, controllo emotivo e misura, qualità che la natura ha distribuit­o in maniera equanime tra gli umani, e che la cultura ha coltivato con privilegio proprio nell’universo femminile. Quanto all’esperienza, che nel calcio è l’unico punto di debolezza del confronto tra i sessi, prima la facciamo fare alle donne e meglio è.

Questo per dire che Maria Sole Ferrieri Caputi è benvenuta, ancorché tardivamen­te, su un campo di serie A. C’è da augurarsi che non sia la sola, e non finisca per trasformar­si nel classico specchiett­o per le allodole con cui si vuole mostrare, come avvenuto, un cambiament­o ancora tutto da fare. C’è bisogno delle donne nel calcio maschile, e viceversa. E chiudiamol­a qui, perché l’ovvietà mi spaventa almeno quanto il moralismo.

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