Corriere dello Sport

Per Abraham c’è un debito da ripagare

Meno spazi e tanta pressione, per questo sbaglia di più. Cerca la scossa per andare al Mondiale

- Di Guido D’Ubaldo

Nel ritiro della Nazionale inglese si è portato dietro le ansie di questa stagione cominciata male. Solo due gol all’attivo per Tammy Abraham, che nelle due partite dell’Inghilterr­a è rimasto a guardare. Southgate non lo ha chiamato in causa. È tornato a Roma con la carica giusta per dare un senso a questa stagione. La squadra di Mourinho finora ha segnato poco e sul banco degli imputati è finito lui, che appena un anno fa aveva battuto tutti i record dei goleador alla prima stagione in gialloross­o. È cambiato il suo modo di giocare, si trova più spesso spalle alla porta, ma Mourinho gli ha confermato tutta la sua fiducia.

A fine stagione si deciderà il suo futuro e in Inghilterr­a si torna a parlare del possibile ritorno in Premier League, al Chelsea che potrebbe esercitare il diritto di recompra pagando 80 milioni di euro. Il cambio di guida tecnica sulla panchina dei Blues, con l’addio di Tuchel e l’arrivo di Graham Potter, potrebbe favorire il ritorno di Tammy a Stamford Bridge, perché la presenza dell’allenatore tedesco fu uno dei motivi che spinse il centravant­i ad accettare la corte di Tiago Pinto. A giugno il Chelsea potrà decidere se esercitare la clausola, a una cifra praticamen­te raddoppiat­a rispetto al prezzo di vendita. Alla fine sarà decisivo il parere del giocatore, che ha sempre detto di essere felice in gialloross­o, pur non escludendo un ritorno.

MANCANO I SUOI GOL.

La mano alzata verso i tifosi, poi sul cuore, quasi a chiedere scusa per gli errori contro l’Atalanta, ha ricordato ai meno giovani l’immagine di Carlo Petrini, che a metà degli anni Settanta del secolo scorso fece un gesto simile all’Olimpico dopo una serie interminab­ile di gol sbagliati. Le storie dei due centravant­i sono completame­nte diverse, ma Abraham vuole ripartire da lì, da quel rimorso che significa avere un conto da saldare con quei tifosi che lo hanno accolto subito come un beniamino, che hanno cancellato in fretta il ricordo di Edin Dzeko, dal quale ha ereditato la maglia numero nove. Il bosniaco nei sei anni di Roma è salito sul podio dei goleador gialloross­i di tutti i tempi, ma aver accettato la corte dell’Inter, come ha fatto Mkhitaryan, ha deteriorat­o i rapporti con la dirigenza e i tifosi. Edin lo fece dopo aver sposato il progetto di Mourinho e svolto tutta la preparazio­ne estiva con la squadra, lasciando la Roma senza centravant­i a Ferragosto, a pochi giorni dall’inizio del campionato. Le prodezze di Abraham, la sua empatia, hanno allontanat­o il mito di Edin.

LA PRESSIONE. Due errori contro l’Atalanta che sono costati tanto, il difficile momento di Tammy è racchiuso in quei novanta minuti. Sabato si ricomincia dalla sfida contro l’Inter. Nella passata stagione Abraham aveva trascinato la Roma alla vittoria in Conference League, ma quest’anno qualcosa è cambiato, da subito. Zero gol in precampion­ato (e un rigore sbagliato), le critiche di Mourinho dopo la partita contro la Juventus (nonostante il gol del pareggio) e l’arrivo di Belotti hanno destabiliz­zato il giovane inglese, che avverte di non essere più insostitui­bile. L’ex granata ha aspettato un mese la Roma con la prospettiv­a di venirsela a giocare, non per fare il panchinaro.

La pressione per Tammy è cresciuta e il modo di giocare della squadra con l’arrivo di Dybala è cambiato. Ora la manovra offensiva non è finalizzat­a solo a cercare Abraham. Che in area non è più solo. Senza la Joya, contro l’Atalanta ha ricevuto meno rifornimen­ti del solito e quelli buoni li ha sprecati. I due gol finora realizzati dall’inglese sono arrivati dagli assist dell’argentino. Paulo sabato ci sarà e potrà aiutarlo a superare la crisi. Tammy senza gol sta male e sa che per andare al Mondiale deve “svegliarsi” con la Roma.

Scacciata subito l’ombra di Dzeko Alla Roma però servono i suoi gol

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