Corriere dello Sport

Caneo, l’asso del Padova

- Di Roberto Timpini

Un uomo normale. È il miglior compliment­o che si possa fare a Bruno Caneo. E il Padova, come il suo allenatore, è una squadra normale. Ma la normalità, nella vita e nel calcio, più di qualche volta diventa eccellenza. Un abito perfetto che sta a pennello al tecnico che finora pochi conoscevam­o, e qualcuno adesso magari giurerà che lui lo aveva detto. Facile chiamarsi fuori quando la frittata è già stata fatta. Perché il Padova dopo due stagioni di sogni svaniti ai play ff, dopo due stagioni di soldi spesi come se si giocasse in Serie B, ma nelle prime posizioni, o in serie A per salvarsi, ha assestato un deciso colpo al timone. I senatori, peraltro molto ben pagati ma che hanno dato al Padova meno di quanto fosse lecito aspettarsi, hanno lasciato il Santo per altre piazze. Per rimpiazzar­li stop alle follie di mercato. Qualche conferma, magari dell’ultima ora (vedi Jelenic) e un gruppetto di “saranno famosi: «Ero un giocatore normale e non si tratta delle solite parole di circostanz­a, dunque ai miei ragazzi dico - confida Caneo - siamo una squadra normale che attraverso il lavoro, l’impegno e la serietà, può diventare speciale e dare fastidio alle predestina­te alla promozione».

Parole in apparenza quasi scontate, ma tutt’altro che banali. Quattro vittorie di fila dopo lo scivolone all’esordio con la Pro Vercelli, non sono chiacchier­e. E lunedì la possibilit­à di scrollarsi di dosso la scomoda compagnia in vetta al girone della FeralpiSal­ò: «Dobbiamo diventare una squadra importante. La gara con la Feralpi dev’essere una nella quale si deve lavorare meglio sulle cose da rivedere della sfida con il Pordenone». E lode sia alla modestia. la stessa con cui, il 27 settembre 1987, il Pisa sconfisse 1-0 il Napoli. A mettere le catene a Maradona, quel giorno, un terzino di nome Bruno Caneo.

L’allenatore predica umiltà: «Siamo normali ma capaci di fare grandi cose»

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