Meloni studia la lista Il nodo è il Viminale
Piace l’idea di due vicepremier No all’ipotesi della presidenza di una Camera all’opposizione
ROMA - Giorgia Meloni prosegue le sue pre-consultazioni incontrando Matteo Salvini. La leader di Fratelli d’Italia accoglie l’alleato-rivale nei suoi uffici alla Camera. Prima volta che i due si rivedono dal voto di domenica. Un’ora in tutto, meno del colloquio con Antonio Tajani il giorno prima. Quanto basta per fare il punto delle priorità - in testa, il dossier sul caro energia - e scambiarsi opinioni sulla squadra, anche se il risiko di nomi e ministeri è complicatissimo. Entrambi sanno che è solo il primo round. Da qui il silenzio scelto, o imposto, sull’argomento: «Non si è parlato né oggi e né in questi giorni di nomi o incarichi, attribuzioni di deleghe né separazioni di ministeri», fanno sapere da Fratelli d’Italia smentendo i presunti veti nei confronti di Salvini, che rivendicherebbe un ritorno al Viminale. Una richiesta su cui la leader della destra sta cercando una via d’uscita e un’alternativa. E le difficoltà non mancano anche con il partito di Berlusconi. Intanto nella seconda giornata da premier in pectore, la leader di Fdi sceglie di restare nel perimetro di Montecitorio, per riunioni e telefonate. Non va alla sede del partito, riceve Matteo nelle stanze del gruppo parlamentare di FdI. La nota riassume: «Entrambi i leader hanno espresso soddisfazione per la fiducia data dagli italiani alla coalizione e hanno ribadito il grande senso di responsabilità che questo risultato comporta». Ma a parte il capitolo alleati, la Meloni si preoccupa per la gestione dei conti e la legge di bilancio. Che spera di poter chiudere tenendo alta la sintonia con il governo uscente. Così, dopo Palazzo Chigi, anche FdI smentisce categoricamente che ci sia un “patto Meloni-Draghi”: in altre parole il presidente del Consiglio non ha preso alcun impegno nè stretto alleanze per farsi garante del suo successore.
Intanto si va avanti con il sudoku ministri. La Lega rivendica il Viminale e chiede che il posto vada a Salvini. Sul tavolo c’è l’ipotesi da vicepremier insieme con Tajani per blindare l’alleanza. Per il ministero dell’Interno restano in pole i nomi di Piantedosi e Pecoraro. Gli alleati intanto avrebbero respinto al mittente l’idea di affidare la presidenza di una delle due Camere all’opposizione. Lo schema prevedeva la Camera al Pd ed il Senato alla Lega con Calderoli. Ma per ora nulla è deciso soprattutto per i ruoli-chiave.