Corriere dello Sport

Un Diavolo poco cinico

- Di Franco Ordine

Dove finiscono le responsabi­lità di un arbitro fiscale come un notaio alle prese con la compilazio­ne di un rogito, cominciano quelle del Milan, ancora una volta finito in trappola dentro un girone che sembrava comodo comodo per la cifra tecnica dei rivali ma che da ieri sera, dopo appena 18 minuti, è diventato invece scivoloso come una saponetta sotto la doccia. Sul rigore-chiave della serata, che toglie a Pioli il suo perno centrale difensivo stravolgen­done il piano strategico e anche ogni possibilit­à di rimediare, concesso al Chelsea - il tiro dal dischetto e la superiorit­à numerica per il resto della sfida - si discuterà da qui alle prossime settimane. Ex arbitri-moviolisti si dividerann­o in colpevolis­ti e innocentis­ti ma qui è il caso di puntare i riflettori sulla reazione successiva del Milan e sul peccato veniale commesso da Tomori. Con la qualificaz­ione ancora alla portata, ma con due successi nelle prossime due tappe, il Milan può pensare solo con orgoglio alla fase successiva allestita dell’evento-chiave della serata.

E cioè, nonostante l’inferiorit­à numerica, alla possibilit­à costruita di recuperare subito il rigore di Jorginho (testa di Giroud) e successiva­mente di mostrare la sua forza d’urto con un paio di conclusion­i dalla mira discutibil­e. Ma quello è il punto da analizzare, specie in una stagione scandita da molti infortuni. Se a Genova, contro la Samp, fu possibile passare al 2 a 1 in 10 contro 11, la solidità dell’impianto inglese testimonia una grande vivacità fisica del Milan e la possibilit­à di tentare ancora una volta, un recupero, in Champions, che avrebbe il valore classico dell’impresa. A far di conto potrebbe anche bastare il pari con la Dinamo di Zagabria ma questo calcolo è ancora prematuro perché bisogna prima passare dal successo sugli austriaci senza tradire la minima distrazion­e.

Tra i pochi bagliori della serata rossonera, c’è da scegliere allora il temperamen­to mostrato nelle pieghe più complicate e la sofferenza patita nel rincorrere l’avversario che sul 2 a 0 ha amministra­to il successo con la sigaretta in bocca, forse senza voler infierire perché di occasioni ne ha avute, magari risparmian­do energie preziose per la Premier. Allora la conclusion­e è una sola: la lezione di Londra servì con la Juve, questa di San Siro può dare la carica per riprendere la corsa in campionato. Ma c’è bisogno di aggiungere un pizzico di cinismo e precisione alla fase offensiva.

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