Corriere dello Sport

ALTO GODI Lazio da sogno. Sarri: «Q

«Ho riscoperto il gusto di allenare, devo dire grazie all’ambiente: ti entra dentro». Lavoro e strategia per blindare la difesa: 12 gol in meno di un anno fa

- Di Fabrizio Patania ROMA

Romagnoli regista arretrato adatto al sistema di gioco Che bravo Provedel

Grande bellezza addestrame­nto e lazialità al top: dopo la quarta vittoria di fila e il 4-0 imposto alla Fiorentina un entusiasmo incontenib­ile Ecco come il tecnico, a cui Lotito ha affidato il nuovo ciclo, è riuscito a migliorare rendimento e numeri issandosi nella zona dell’altissima classifica

Alto godimento. Grande bellezza. Di più: lazialità al top, come non era mai accaduto durante la gestione Lotito e neppure, sotto forma di sentimenti, quando Eriksson e Cragnotti dominavano in Italia e in Europa. Quella Lazio, piena di stelle, era il simbolo della modernità e della finanza. Questa è figlia del talento e del lavoro, delle idee e dello spirito. C’è qualcosa di mistico e di inspiegabi­le a raccontarn­e la scalata, compresa la percezione di Massimo Maestrelli, come se il Maestro da lassù, stesse spingendo verso un sogno. C’è Mau, l’allenatore che riempie la scena, capace di parlare nello stesso modo di Pulici. «La Lazio ti entra dentro, ti cattura, è lei che ti sceglie, come i giovani di Sparta attrae solo chi è disposto a soffrire, perché quando c’è la Lazio di mezzo non c’è mai nulla di facile» disse il portiere dello scudetto ‘74, altra icona della lazialità.

SIMBIOSI. Sarri, nella notte di Firenze, ci ha fatto tornare in mente Felicione. Era in sala stampa, all’ultimo giro di interviste, e gli avevano appena chiesto di lanciare un appello per riempire l’Olimpico giovedì in Europa League. Ha aperto gli occhi e il suo cuore. «Non c’è bisogno. I laziali vengono in massa in trasferta, in casa facciamo 45 mila spettatori. Stanno rispondend­o alla grande. Il popolo laziale è un grande popolo, la civiltà con cui ti parlano non l’ho vista da nessuna parte. Ho sempre detto di trovarmi bene. Qui mi è tornata la voglia di allenare. La Lazio ti entra dentro. All’esterno viene descritto qualcosa di diverso. Sono io a ringraziar­e i tifosi, non il contrario». Ha concluso con un omaggio alla storia, compreso l’invito a Lotito a perseverar­e nel tentativo di costruire lo stadio sognato da ogni tifoso biancocele­ste. «Mi piacerebbe, prima di smettere di allenare, giocare con la Lazio una partita al Flaminio. E lo stadio dovrebbe essere intitolato a Maestrelli».

MATURITÀ. Sarri a capo di un popolo. Non a caso, lo chiamavano Comandante. E’ fatto così. Sposa la causa. Ci si immerge totalmente e questa è l’avventura che dovrà portarlo a compiere una carriera, a cui manca ancora qualcosa. L’impresa modello Lazio di Maestrelli o Verona di Bagnoli, riadattate ai tempi moderni. Quella che non gli era riuscita, per poco, a Napoli. Tre anni di tempo, mica al primo colpo. O forse di più. Lotito, si sa, firma i contratti “sine die”, senza scadenza. C’è una corrispond­enza di amorosi sensi con Mau. Gli ha affidato la bacchetta. Le esperienze con Chelsea e Juve, uno scudetto senza festa, lo hanno completato e arricchito. Ha conosciuto un altro calcio, devoto ai compromess­i. Si è adattato, qualcosa ha preso, rivisto e portato alla Lazio, dove ha trovato una famiglia. Geniale, anzi decisiva, l’intuizione di Lotito. Senza le risorse dei grandi club, aveva una sola possibilit­à (dopo 17 anni e l’addio di Inzaghi) per tentare l’assalto al vertice: affidarsi alla saggezza di un maestro di calcio, assecondar­ne il progetto, condivider­ne la strategia. Mau è capace di migliorare i calciatori, cambiare una mentalità, tentare la rivoluzion­e. «Se l’allenatore si diverte, si divertono i giocatori durante l’allenament­o. E se la squadra si diverte, finisce per divertirsi anche il pubblico» il messaggio lanciato nella passata stagione, chiusa al quinto posto, superan

A giugno pretese il rinnovo di Patric «Diventerà uno dei migliori in A»

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Luis Alberto, Ciro Immobile e Sergej Milinkovic
GETTY, LAPRESSE Maurizio Sarri, 63 anni, seconda stagione sulla panchina della Lazio. A destra, Luis Alberto, Ciro Immobile e Sergej Milinkovic

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