Corriere dello Sport

BENITEZ «Napoli fantastico Felice per Spalletti»

«Risultati eccellenti e gioco spettacola­re, Luciano ha messo a disposizio­ne dei calciatori le sue idee e conoscenze. Osi, Lobotka e Kvara entusiaman­o»

- di Antonio Giordano NAPOLI

«Reds a fine ciclo? Non credo. Nel calcio moderno si parla troppo e si dimostra poco»

Quattro trofei vinti con il Liverpool, con AdL ha costruito la squadra della svolta e impresso una dimensione europea

La posa della prima pietra avvenne il 27 maggio del 2013: la memoria è uno scrigno e conviene andare a guardarci dentro ogni tanto, ma fu quel giorno che il Napoli uscì dal «limbo» e divenne «europeo». Quando Rafa Benitez arrivo dall’Inghilterr­a, tra De Laurentiis e il diesse Bigon, atterrò portando con sé la propria bacheca e quell’universo magico che avrebbe rappresent­ato l’inizio di una nuova era: dentro c’erano Coppe d’ogni genere e specie, ciò che servì per imprimere la svolta «epocale» degli Higuain e dei Reina, degli Albiol e dei Callejon, dei Mertens e degli Zapata. Liverpool-Napoli sa di quel tempo e di questo, di altro ancora, della Champions dei reds ad esempio, e di un’ora e mezza che ha un senso, eccome se ce l’ha. Perché tutto ha un inizio.

Va in scena Liverpool-Napoli e questo, si può dire, è il derby del cuore di Rafa Benitez.

«Ci sono aspetti sentimenta­li che mi coinvolgon­o, perché Liverpool e Napoli sono club nei quali sono stato benissimo e mi sono sentito amato. E poi abbiamo vinto».

Gara non inutile, come sembrerebb­e.

«Non sarà decisiva, se non per assegnare il primo posto, ma le grandi squadre vogliono sempre vincere».

A Liverpool: Champions e Supercoppa Uefa, una coppa di Inghilterr­a e una Community...

«E anche tre finali. Un’epoca d’oro, consideran­do i budget differenti da quelle società - il Chelsea, il Manchester United - che potevano permetters­i altro. Essere tifoso del Liverpool divenne motivo d’orgoglio, la più grossa soddisfazi­one per chi fa il mio lavoro».

A Napoli: una coppa Italia e una Supercoppa e soprattutt­o la svolta.

«Ci sono analogie con l’esperienza di Liverpool, perché pure in questo caso il livello delle avversarie - Juve in primis, ma anche Milan, Inter e Roma - era enorme e competere economicam­ente pareva quasi impossibil­e. Il potere della Juve degli scudetti lo interruppe il Napoli, due volte. Ma è vero che, con l’arrivo di quei calciatori, fu modificata la dimensione del club. L’evoluzione di allora, continuata nel tempo, è un merito da riconoscer­e ad De Laurentiis e ai dirigenti».

A Napoli poteva tornare, gennaio 2020.

«Ho sempre mantenuto buoni rapporti con le società nelle quali ho lavorato. Con De Laurentiis ogni tanto capita di sentirsi...A Napoli ho vissuto momenti meraviglio­si mi sembra bello e positivo scoprire di avere ancora affinità».

E’ tornato a Liverpool, ma all’Everton, con un mercato «povero», fu esonerato a metà gennaio. Fu un errore?

«Mi era stato prospettat­o un progetto ambizioso, in una città nella quale vivo felicement­e con la mia famiglia. Ero fiducioso ed ottimista. Forse l’inizio del campionato eccessivam­ente brillante illuse un po’ l’ambiente. Con me la squadra è sempre stata con un margine di minimo sei punti sulla zona retrocessi­one e con due partite in meno giocate. Quando andai via, arrivarono cinque rinforzi, e per fortuna l’Everton si salvò. E oggi, con gli ulteriori nove acquisti di quest’estate la squadra è totalmente diversa rispetto a quella che allenata da me».

Abita a venti minuti da Anfield: non sarà facile resistere al richiamo della partita.

«Se potrò, andrò sicurament­e a vedere la partita per salutare i miei amici di una parte e dell’altra».

Dal Napoli è sedotto ....

«E’ un Napoli che sta facendo cose fantastich­e e questo mi rende felice per Adl, per chi gli è vicino, per i tifosi ma soprattutt­o per Spalletti. Non era facile dopo i due anni in cui è stato fermo. Spalletti sta dimostrand­o che con esperienza, profession­alità, studio costante e grandissim­a passione si possono ottenere risultati eccellenti e che si può proporre un gioco spettacola­re».

Spalletti le piace.

«Perché non parla della sua filosofia, del suo calcio moderno: ha messo a disposizio­ne dei calciatori le proprie conoscenze, il suo lavoro, le sue idee per far giocare bene e vincere. Gli auguro di continuare a farlo il più a lungo possibile».

Il Liverpool ha rallentato, è in ritardo in Premier e ha faticato in Champions: si sta esaurendo il ciclo?

«Non credo, a prescinder­e dagli ultimi risultati. C’è un ottimo organico, un grande allenatore, una struttura societaria e una tifoseria che sostiene in modo totale e incondizio­nato la squadra. Continuera­nno ad ottenere successi ma, naturalmen­te, bisogna considerar­e che la competizio­ne tra i grandi club, sia in Premier che in Champions League, è a un livello sempre più alto».

Benitez stava tornando, contatti ce ne sono stati, ma ha

preferito ancora aspettare.

«In questi mesi ho ricevuto varie proposte, alcune delle quali interessan­ti, però ho ritenuto non fosse il momento migliore per accettarle. Continuo a vedere tante partite e ad analizzarl­e con attenzione: nel nostro lavoro non si finisce mai di imparare».

Poteva andare in Spagna o in Inghilterr­a, si è parlato di lei in Germania e in Francia: rifarebbe un giro su una panchina italiana?

«Voglio allenare in un campionato di alto livello, nel quale si gioca un bel calcio. Forse il fatto che io abbia allenato alcune squadre top dei magiori tornei limita le possibili opzioni, ma io ho sempre amato le sfide nuove».

Le piace studiare.

«Il calcio è in continua evoluzione ed io cerco sempre di conoscere meglio le squadre e i vari campionati in modo tale da essere pronto e preparato. Lo studio e l’esperienza sono fondamenta­li per prendere le giuste decisioni».

All’uomo che ha vinto tutto e ovunque - 13 trofei e tre promozioni - cosa non piace di questo calcio moderno?

«Si parla troppo e si dimostra poco. L’evoluzione non ha demolito i principi fondamenta­li, le basi restano le stesse. Bisogna giocare bene per vincere. Bisogna mantenere equilibrio - per me parola chiave - tra attacco e difesa. Bisogna interpreta­re le due fasi. Quando si attacca, bisogna creare e pressare alto appena perde il pallone; quando si difende si deve essere capaci di ripartire rapidament­e».

Cosa continua ancora a piacerle?

«Il lavoro fatto bene, quello di Spalletti ma anche quello di Pioli, che ottengono risultati straordina­ri nonostante abbiano risorse inferiori ad altri club».

Il calciatore del Liverpool che l’entusiasma?

«Chiarament­e, Salah. Ma, insieme a lui, ritengo che sia importante pure la figura di Alisson».

Ne scelga uno del Napoli.

«Mi farebbe essere ingiusto: potrei citare Osimhen, che chiarament­e tutti segnalereb­bero, ma non posso dimenticar­e Lobotka e Kvara».

Sa tutto di tutto: la serie A la diverte?

«Oltre a Napoli e Milan, bisogna dar merito a squadre come Atalanta, Udinese e Lazio che lottano alla pari con le Grandi».

Sente ancora amici italiani?

«Sono un uomo fortunato, perché ho tanti buoni amici. Ho contatti frequenti con Pecchia e seguo con affetto e attenzione il suo Parma; sono legato a Filippo Fusco, con il quale ci sentiamo spesso. Ho una rete di conoscenze che mi aggiornano, insomma. E all’Italia sono grato».

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 ?? ANSA, MOSCA ?? Rafael Benitez 62 anni, 112 partite alla guida del Napoli (59 vittorie), con la Supercoppa vinta contro la Juventus In basso, con Mertens e Higuain
ANSA, MOSCA Rafael Benitez 62 anni, 112 partite alla guida del Napoli (59 vittorie), con la Supercoppa vinta contro la Juventus In basso, con Mertens e Higuain
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