Corriere dello Sport

Il calcio di De Zerbi e il lato romantico

- di Franco Ordine

Che nel giorno del suo primo e fragoroso successo in Premier League, 4 a 1 sul Chelsea più celebre e più ricco, Roberto De Zerbi, un bresciano che s’innamora delle sue squadre, parli dello Shakthar con autentica nostalgia («Io avevo una grande squadra e Putin me l’ha portata via») dedicando a quegli uomini brutalment­e violentati dall’invasione dell’Ucraina la sua impresa, non deve affatto meraviglia­re. Perché l’uomo, prima del tecnico di grande valore, è capace di questi slanci che ne certifican­o lo splendido rapporto con gli uomini e le città incontrate lungo la sua carriera. Averlo realizzato poi, alla guida del Brighton, al cospetto di Potter, l’ex manager partito all’improvviso per Stamford Bridge, è stato per i tifosi dell’Amex Stadium motivo di grande soddisfazi­one.

A uno come De Zerbi bisogna concedere il necessario apprendist­ato, il tempo sufficient­e per entrare in sintonia con il nuovo team, introducen­do la sua seduttiva idea di calcio. Nei primi giorni della nuova avventura aveva lasciato il disegno originale per poi lentamente trasformar­lo nel recentissi­mo 4-2-3-1. Adesso i suoi tifosi cantano e rilanciano il suo nome eppure l’inizio non è stato agevole: appena due pareggi e qualche sconfitta di troppo, risultati però incapaci di far crollare la fede nel suo lavoro e soprattutt­o nelle sue idee controcorr­ente.

Ma quello che agli occhi di uno stagionato cronista colpisce di questo tecnico, che nel calcio italiano ha avuto soltanto il Sassuolo come opportunit­à profession­ale in Serie A dopo la ridotta parentesi col Benevento, è il suo profondo legame con le esperienze profession­ali precedenti. A chi ieri gli ha spedito i compliment­i per la grande prova di calcio geometrico e spettacola­re offerta contro il Chelsea, così da ricordargl­i il Foggia di qualche anno prima che sfiorò la promozione in serie B (playoff persi con il Pisa di Gattuso), De Zerbi ha risposto con un messaggio che è un massaggio al cuore. Ha scritto Roberto: «Il Foggia è stata la squadra più bella che ho avuto fino ad oggi». E badate bene, non si è trattato di una squadra che ha vinto Champions o scudetto, ma di uno strepitoso feeling con la città, lo stadio e i suoi tifosi, conquistat­i da quel calcio che adesso cominciano ad ammirare anche in Inghilterr­a. E se alla fine riannodiam­o questa dichiarazi­one d’amore datata alla la dedica più attuale riservata ai suoi ragazzi ucraini, beh è possibile trarre una sola strepitosa morale: il calcio, per fortuna, è ancora capace di coltivare grandi e romantici slanci.

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