INFANTINO «La tolleranza inizia con noi»
«Sono stato vittima di bullismo e sono figlio di lavoratori migranti Qui la gente è felice per il calcio Le lezioni morali sono ipocrisia»
«Oggi mi sento qatarino. Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano. Oggi mi sento gay. Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante». Farà discutere a lungo, a suo modo resterà nella storia, la conferenza stampa di Gianni Infantino alla vigilia del via della Coppa del Mondo in Qatar. Una delle edizioni più controverse di sempre, un po’ perché ha stravolto il calendario internazionale, molto di più per il dibattito su quei diritti civili che non hanno sempre cittadinanza in Qatar. «Mi sento come loro e so cosa vuol dire essere vittima di bullismo perché lo sono stato, perché avevo i capelli rossi e le lentiggini, io ero italiano e parlavo male il tedesco. Ho pianto e ho cercato di reagire. Sono figlio di lavoratori migranti che hanno vissuto in condizioni molto difficili in Svizzera per come vivevano e i diritti che avevano. Ho visto come veniva trattato chi cercava di entrare nel paese, ma ora la Svizzera è un esempio di tolleranza. Il Qatar ha fatto progressi e ne parleremo, come spero che parleremo anche di calcio. La Fifa è orgogliosa di essere qui, questo sarà il Mondiale più bello per la gente che ama il calcio, ma sono stanco di leggere commenti su persone e su decisioni prese dodici anni fa», continua Infantino. Che punta il dito contro tutte le rivendicazioni sociali di questi giorni: «Quello che sta accadendo in questo momento è profondamente ingiusto e le critiche al Mondiale sono ipocrite. Per quello che noi europei abbiamo fatto negli ultimi tremila anni dovremmo scusarci per i prossimi tremila anni, prima di dare lezioni morali agli altri. Queste lezioni morali sono solo ipocrisia».
COMING OUT. A dare forza ad Infantino, anche Bryan Swanson, il responsabile media della Fifa, che ha fatto coming out: «Ho trascorso un po’ di tempo accanto a
Infantino e mi sono sempre sentito supportato e aiutato, sono gay come lo sono molti altri colleghi della Fifa. Mi trovo seduto qui in una posizione privilegiata, davanti a un palcoscenico globale, come persona gay in Qatar».
DIRITTI DEI LAVORATORI.
Così Infantino sul tema delicato delle migliaia di morti sul lavoro per la costruzione degli stadi: «Siamo in un regno sovrano, la Fifa non può cambiare le leggi così come non può farlo altrove, ma ha erogato un fondo di 350 milioni di dollari per i lavoratori negli ultimi quattro anni. Le aziende occidentali che sono qui, però, non vogliono aumentare i salari di questi lavoratori. Fra le grandi aziende che guadagnano miliardi in Qatar, quante hanno risolto la questione del destino dei lavoratori migranti? Nessuna, perché un cambio di legislazione equivale a minori profitti».
TOLLERANZA. Infantino spiega anche il suo concetto di tolleranza a proposito delle posizioni della comunità LGBTQ+ e dei lavoratori migranti: «Ho parlato molto con i leader di questi movimenti e tutti sono i benvenuti. Le regole esistono, per cambiarle bisogna passare attraverso un processo come è stato fatto anni fa in altri Paesi. Le porte iniziano ad aprirsi, ma dobbiamo unirci senza guerre. Qui la gente è felice di avere il Mondiale. La tolleranza inizia con noi». Per chi si lamenta del divieto di vendita e consumo di birra negli stadi, poi, Infantino risponde così: «Si può sopravvivere senza bere birra per tre ore. Ci sono molti punti in cui si possono bere alcolici eppure, siccome siamo in un paese arabo, anche questo sembra un grande problema. Budweiser è uno dei partner della Fifa e continueremo con loro fino al 2026, alla fine spero che tutti i problemi di questo Mondiale siano legati alla birra...». E da oggi, si gioca.
«Oggi mi sento arabo. Oggi mi sento africano Oggi mi sento gay Oggi mi sento disabile. Oggi mi sento un lavoratore migrante»
«Per quello che noi europei abbiamo commesso negli ultimi 3.000 anni dovremmo scusarci almeno per i prossimi 3.000 prima di dare lezioni morali agli altri Paesi»
«Personalmente penso che i tifosi possano sopravvivere tre ore al giorno senza bere birra»