È il giorno del Qatar Conta solo il campo
Partita d’esordio contro il favorito Ecuador dopo dodici anni di attesa e polemiche Sanchez: Chance per dimostrare che meritiamo il calcio di vertice
Se è stato solo un sogno, caldo e discusso, è arrivato il giorno in cui l’emiro Al Thani farà i conti con la verità. Dopo 12 anni di attesa, tra le polemiche che ieri il presidente Infantino ha cercato di smantellare, il Qatar apre la vetrina mondiale con l’obiettivo di dimostrare le capacità più ordinarie di una squadra: saper giocare a calcio. L’esordio con l’Ecuador, che sarà preceduto dalla cerimonia inaugurale ideata dall’italiano Marco Balich, è essenzialmente un test di adeguatezza. Sotto il profilo dell’accoglienza preventiva, il Paese si è dimostrato quasi perfetto. All’aeroporto, per superare i controlli doganali, si impiegano due minuti di orologio. I bagagli arrivano prima che tu te ne accorga. E all’esterno, migliaia di autisti Uber sono pronti a scarrozzarti ovunque in tempi rapidi per cifre abbordabili, senza i temuti problemi di traffico fuori dalla Corniche, la passeggiata sul golfo che è anche la parte più suggestiva di Doha. Il media center poi è un parco giochi, grandissimo e servitissimo. Ma oggi, almeno oggi, tutto questo conterà poco. Il Qatar deve svelare se il suo debutto assoluto abbia anche una dignità tecnica.
CRESCITA. Hanno lavorato tanto, per questa giornata. Per una federazione molto giovane, creata nel 1970, la prima svolta è arrivata nel 2004, quando la famiglia regnante ha creato l’Aspire Academy, per formare i giovani di tutto il mondo. Non solo nel calcio. Dieci giocatori della Nazionale di adesso sono naturalizzati. E alcuni hanno cambiato nome, alzando il livello in giro per l’Europa nei club controllati dall’emiro: il Cultural Leonesa in Spagna, il Lask Linz in Austria, il Kas Eupen in Belgio.
Ma il modello negli anni è stato modificato, grazie all’esempio della scuola Barcellona. Il Qatar ha assoldato prima Colomer, ex capo del settore giovanile catalano, e poi Felix Sanchez Bas, l’attuale ct, che da 16 anni vive a Doha dopo aver costruito talenti a Barcellona. Uno è Deulofeu, trequartista dell’Udinese. Secondo la nuova formula i calciatori non vengono naturalizzati quando sono grandi ma vengono allevati già da bambini come immigrati di seconda generazione. È successo per esempio ad Almoez Ali, capocannoniere dello storico trionfo in Coppa d’Asia nel 2019 con 9 gol di precisione chirurgica: in tutto aveva tirato in porta solo 10 volte. Ali è nato in Sudan ma vive in Qatar dall’età di 7 anni.
Tutti i nazionali si allenano insieme poi vanno ai club “in prestito”
CORAGGIO. Ora tutti i calciatori della nazionale qatarina giocano nel campionato locale. Anche questo aiuta, perché consente ai migliori di allenarsi insieme durante la settimana per poi essere “prestati” ai club. La patria è la priorità: in preparazione al Mondiale, senza poter giocare partite ufficiali in quanto Paese organizzatore, il Qatar è stato due mesi in ritiro a Marbella. Stasera allo stadio Al Bayt, dove ha vinto tre volte su tre con un parziale di 9-0, scopriremo se la cura ha funzionato. «È la nostra occasione di dimostrare che meritiamo il calcio di vertice, anche se l’Ecuador sulla carta è favorito. Non nego che sia una grande emozione, perché sarà una grande festa per il Qatar» spiega l’allenatore Sanchez, che contribuisce alla propaganda: «C’è stata molta disinformazione su ciò che accaduto ai lavoratori in Qatar. Fermo restando che ogni vita umana ha valore, la narrazione è stata esagerata. Certe cose capitano qui come in altre parti del mondo. Noi comunque non ci faremo destabilizzare dalle polemiche». Al suo fianco il capitano-bandiera Hassan Al-Haidos, primatista di presenze in nazionale (134) e qatarino purosangue, si gratta i capelli prima di aggiungere timidamente: «Sarà la partita più importante della mia carriera».