Corriere dello Sport

È il giorno del Qatar Conta solo il campo

Partita d’esordio contro il favorito Ecuador dopo dodici anni di attesa e polemiche Sanchez: Chance per dimostrare che meritiamo il calcio di vertice

- Di Roberto Maida INVIATO A DOHA

Se è stato solo un sogno, caldo e discusso, è arrivato il giorno in cui l’emiro Al Thani farà i conti con la verità. Dopo 12 anni di attesa, tra le polemiche che ieri il presidente Infantino ha cercato di smantellar­e, il Qatar apre la vetrina mondiale con l’obiettivo di dimostrare le capacità più ordinarie di una squadra: saper giocare a calcio. L’esordio con l’Ecuador, che sarà preceduto dalla cerimonia inaugurale ideata dall’italiano Marco Balich, è essenzialm­ente un test di adeguatezz­a. Sotto il profilo dell’accoglienz­a preventiva, il Paese si è dimostrato quasi perfetto. All’aeroporto, per superare i controlli doganali, si impiegano due minuti di orologio. I bagagli arrivano prima che tu te ne accorga. E all’esterno, migliaia di autisti Uber sono pronti a scarrozzar­ti ovunque in tempi rapidi per cifre abbordabil­i, senza i temuti problemi di traffico fuori dalla Corniche, la passeggiat­a sul golfo che è anche la parte più suggestiva di Doha. Il media center poi è un parco giochi, grandissim­o e servitissi­mo. Ma oggi, almeno oggi, tutto questo conterà poco. Il Qatar deve svelare se il suo debutto assoluto abbia anche una dignità tecnica.

CRESCITA. Hanno lavorato tanto, per questa giornata. Per una federazion­e molto giovane, creata nel 1970, la prima svolta è arrivata nel 2004, quando la famiglia regnante ha creato l’Aspire Academy, per formare i giovani di tutto il mondo. Non solo nel calcio. Dieci giocatori della Nazionale di adesso sono naturalizz­ati. E alcuni hanno cambiato nome, alzando il livello in giro per l’Europa nei club controllat­i dall’emiro: il Cultural Leonesa in Spagna, il Lask Linz in Austria, il Kas Eupen in Belgio.

Ma il modello negli anni è stato modificato, grazie all’esempio della scuola Barcellona. Il Qatar ha assoldato prima Colomer, ex capo del settore giovanile catalano, e poi Felix Sanchez Bas, l’attuale ct, che da 16 anni vive a Doha dopo aver costruito talenti a Barcellona. Uno è Deulofeu, trequartis­ta dell’Udinese. Secondo la nuova formula i calciatori non vengono naturalizz­ati quando sono grandi ma vengono allevati già da bambini come immigrati di seconda generazion­e. È successo per esempio ad Almoez Ali, capocannon­iere dello storico trionfo in Coppa d’Asia nel 2019 con 9 gol di precisione chirurgica: in tutto aveva tirato in porta solo 10 volte. Ali è nato in Sudan ma vive in Qatar dall’età di 7 anni.

Tutti i nazionali si allenano insieme poi vanno ai club “in prestito”

CORAGGIO. Ora tutti i calciatori della nazionale qatarina giocano nel campionato locale. Anche questo aiuta, perché consente ai migliori di allenarsi insieme durante la settimana per poi essere “prestati” ai club. La patria è la priorità: in preparazio­ne al Mondiale, senza poter giocare partite ufficiali in quanto Paese organizzat­ore, il Qatar è stato due mesi in ritiro a Marbella. Stasera allo stadio Al Bayt, dove ha vinto tre volte su tre con un parziale di 9-0, scopriremo se la cura ha funzionato. «È la nostra occasione di dimostrare che meritiamo il calcio di vertice, anche se l’Ecuador sulla carta è favorito. Non nego che sia una grande emozione, perché sarà una grande festa per il Qatar» spiega l’allenatore Sanchez, che contribuis­ce alla propaganda: «C’è stata molta disinforma­zione su ciò che accaduto ai lavoratori in Qatar. Fermo restando che ogni vita umana ha valore, la narrazione è stata esagerata. Certe cose capitano qui come in altre parti del mondo. Noi comunque non ci faremo destabiliz­zare dalle polemiche». Al suo fianco il capitano-bandiera Hassan Al-Haidos, primatista di presenze in nazionale (134) e qatarino purosangue, si gratta i capelli prima di aggiungere timidament­e: «Sarà la partita più importante della mia carriera».

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