Eriksen: Sognai questo mondiale
Martedì la gara d’esordio della Danimarca «Lo avevo sperato subito dopo l’incidente. E tutto si è realizzato: sono tornato al calcio e giocherò qui con la mia grande squadra»
Come ti senti, Christian? «Dispiaciuto». Ohibò e perché? «Perché eravamo in due in conferenza stampa e le domande le avete fatte solo a me. C’era anche Mathias». Mathias è Jensen, centrocampista del Brentford, che ha passato mezz’ora sul palco senza potersi esibire. Christian invece è Eriksen, un uomo speciale che gioca un Mondiale dopo essere quasi morto dentro a un Europeo. Nonostante la comprensibile emozione per una nuova occasione che il destino gli ha concesso, dopo i brividi di Copenaghen e lo scudo umano organizzato dal milanista Kjaer, il suo pensiero va sempre e comunque ai compagni, agli amici, alla Danimarca. Una bella persona.
RINATO. «Solo domande sulla squadra, per favore» ripete l’addetto stampa con l’atteggiamento di chi sa di combattere una causa persa. Ma è impossibile, sotto a questo tendone allestito davanti a un campetto di periferia, non concentrarsi sugli occhi vispi di questo ragazzo di trent’anni che sorseggia ogni momento come se fosse un dono divino. Sotto ai capelli ispidi e alle braccia conserte, Eriksen accetta pazientemente di rivisitare tutto l’incubo con un sorriso accorto: «Sta succedendo ciò che avrei sognato il giorno dopo l’incidente. Sono tornato a giocare e posso partecipare a un Mondiale. E’ una sensazione bellissima. E allenarmi in un gruppo straordinario rende l’esperienza ancora più stimolante: eravamo già uniti prima ma dopo ciò che è capitato a Copenaghen l’anno scorso il legame è diventato ancora più stretto».
CIAO ITALIA. Lo guardiamo tutti come un miracolato, non perché sia sopravvissuto a un arresto cardiaco ma perché chi resiste a una scossa simile poi non riprende il filo di una carriera top. Eriksen l’ha fatto e ha addirittura risalito un gradino, tornando in Premier League con il Manchester United dopo il breve percorso nel Brentford, proprio la squadra dell’amico Jensen. Forse a conti fatti è più l’Inter a rimpiangerlo, avendolo dovuto salutare a causa delle regole stringenti del calcio italiano in tema di salute. Eriksen in Inghilterra gioca con un defibrillatore cardiaco sottocutaneo che per il Coni è un supporto proibito. «Ho un bel ricordo dell’Italia - ci racconta - anzi l’Inter e l’Italia resteranno per sempre dentro di me, anche se la lingua non l’ho mai imparata... Però le nostre strade si sono divise e io sono felice di poter giocare in un club importante come il Man United». Dove Cristiano Ronaldo è ormai un corpo estraneo.
RAINBOW. Sui temi legati al club Christian preferisce non rispondere. Si espone invece senza problemi sulla questione dei diritti umani: la Danimarca avrebbe voluto sfoggiare in Qatar durante gli allenamenti una maglietta di sostegno al concetto di inclusività ma la Fifa ha vietato ogni tipo di messaggio politico durante la coppa. «Ci adeguiamo - chiarisce lui - del resto siamo venuti qui per giocare a calcio. Ma la fascia arcobaleno a favore della comunità LGBT la porteremo. Ci penserà Simon Kjaer». Il suo angelo custode è uno che difende sempre chi ha bisogno.
«L’Inter e l’Italia saranno sempre dentro di me, ora sono felice allo Utd»