Corriere dello Sport

La svolta di Adl dalla paura all’espansione

Così la società torna ad attirare investitor­i Il bivio nell’estate 2021: tagli e addio a calciatori troppo cari E la squadra si è trasformat­a

- Di Antonio Giordano NAPOLI

Il giorno in cui sembrava che il Napoli stesse evaporando, colpa della bolla, in realtà non segnava l’inizio della fine ma l’alba di un nuovo giorno: «Dobbiamo necessaria­mente tagliare, perché il club non fattura quanto spende. Non basterà vendere un giocatore. E andrebbero ceduti quei calciatori che hanno aumentato a dismisura i loro salari. Alcuni acquisti non li avrei dovuti fare e invece da ultra-ottimista quale sono ho investito troppo. E mentre lo facevo, c’era chi chiamava e diceva: c’è un contratto ma non lo possiamo rispettare». Il 30 giugno del 2021, poco prima che Luciano Spalletti si insediasse sulla panchina, Aurelio De Laurentiis mise la faccia nella prima, forse unica vera crisi attraversa­ta da un club che non si è mai lanciato scriteriat­amente in un viaggio nell’ignoto: ma quella volta, la seconda estate senza riuscire ad arrivare in Champions, dunque altri 50 milioni almeno bruciati, invece che urlare alla luna, sistemò il microfono, mise ordine nei propri pensieri e sistemò almeno dialettica­mente i conti. «Vendere».

Quel Napoli rimase più o meno eguale a se stesso, ha dovuto aspettare altri dodici mesi ancora prima che andassero in scadenza i contratti di Insigne, di Mertens, di Ghoulam

e di Ospina; e stavolta, estate 2022, a differenza che in passato, dinnanzi ad offerte vantaggios­e - ma non indecenti - non ha vacillato: addio a Koulibaly e anche a Fabian Ruiz, per fare cassa e per rimettersi in gioco, investendo altrove.

OK, IL PREZZO È GIUSTO.

Il monte-ingaggi ormai non si poteva più scalare, sarebbe servita energia fresca, nuova, possente, e il Napoli - che ormai aveva stipendi complessiv­i ben oltre i 110 milioni di euro - non aveva altra scelta da fare che tagliare. Aveva già cominciato a dicembre, con l’addio anticipato di Manolas (4,2) ma stavolta poteva incidere eccome e respirare: i 6 di Koulibaly, i 4,5 di Insigne,

Mertens e Ghoulam, tutte cifre nette, che al lordo producevan­o un costo raddoppiat­o, sono spariti d’incanto e la cassa ha ricomincia­to a respirare, con quel 27% in meno di rateo annuale che ha riportato il club in una dimensione più idonea ai tempi.

VIVA LA GIOVENTÙ. Ma è successo anche altro, intanto, perché il mercato ha consentito al Napoli di ringiovani­rsi, di ritrovarsi un esterno come Kvara (21 anni) e un attaccante come Raspadori (22 anni), un laterale difensivo come Olivera (25 anni) e un centrale come Kim (26 appena compiuti) in grado di rinfrescar­e la squadra, di proiettarl­a oltre quel limbo nel quale ormai c’era il rischio di soffocare e non solo economicam­ente.

LA SVOLTA. Al resto ci ha pensato Spalletti, con il suo calcio fosforesce­nte: cinque vittorie in Champions League, poco meno di quindici milioni di euro, ai quali aggiungere gli incassi robusti e incoraggia­nti e un clima nuovo. 508 giorni dopo quel 30 giugno, c’è un‘altra vita, adesso (e comunque i soldi non sono tutto).

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LAPRESSE Luciano Spalletti, 63 anni, tecnico del Napoli

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