Attenzione Djokovic è tornato cannibale
Il serbo elimina Fritz in soli due set recuperando perfettamente dalla battaglia di venerdì sera con Medvedev
«Non vedevo l’ora di giocarmi di nuovo un grande torneo» Stasera in finale lo attende Ruud
Daniil Medvedev venerdì era stato chiaro: «Djokovic fa un campionato a parte, dove gioca con Rafa e dove prima c’era anche Roger. Poi ci sono tutti gli altri, me compreso». Ieri è stato Taylor Fritz a raffinare il ragionamento: «Quando è sceso in campo Novak è stato il migliore. Nessun dubbio. Tolto lui, penso ci siano 15 o 20 tennisti in grado di battersi tra loro capaci di vincere ogni torneo a seconda della loro condizione e delle circostanze di quel dato momento. E questo è ciò che è accaduto quest’anno».
E’ stato bello finché è durato, insomma. Prepariamoci a tornare alla normalità. Condizione che, applicata a Novak Djokovic, corrisponde a una specie di perenne fame atavica, capace di placarsi solo a suon di titoli e risultati, e che per gli altri si traduce inevitabilmente nelle briciole che il serbo intenderà far rotolar via dalla sua tovaglia. E’ un 2023 che già si annuncia sotto la sua stella, la cui luce i suoi avversari già riconoscono in lontananza come una sventura dalla quale sarà molto difficile sottrarsi.
Ricomincerà dall’Australia, Nole, inseguendo il suo decimo trionfo Down Under, sfuggitogli l’anno scorso per vicende extra campo che come un combustibile hanno continuato nei mesi successivi ad alimentarne i sentimenti di rivincita. C’è chi in questo finale di 2022 ravvede addirittura i prodromi di quanto accadde nel 2011, anno in cui il serbo si rivelò pressoché imbattibile vincendo tre Slam e collezionando sei sole sconfitte complessive.
RECUPERO. Ma è un Djokovic più maturo, più forte, quello che oggi andrà a caccia del suo sesto titolo alle ATP Finals, eguagliando così il record di Roger Federer. Prova ne sia proprio la partita vinta ieri contro Taylor Fritz (7-6 7-6): «Essere riuscito a batterlo in due set il giorno dopo aver vinto contro Medvedev e senza molto tempo per recuperare è una cosa che mi rende davvero felice. Vittorie come queste, valgono doppio e hanno definito la mia carriera», ha sottolineato il serbo in conferenza.
Opposto a un avversario più giovane, più riposato e con la dinamite nel braccio, il serbo ha preferito non accettare la sfida a viso aperto, ripiegando su una strategia più conservativa fatta di slice, profondità, ricerca delle linee e massima attenzione al ritmo che il match andava via via prendendo. E’ stato così, procedendo a una sorvegliatissima velocità di crociera, che Nole si è fatto trovare pronto nei due momenti chiave del match, in cui Fritz era riuscito a portarsi prima a due punti dal far suo il set e poi a due punti dall’uno pari.
CRESCENDO. Lo chiama approccio olistico, Novak, condizione propria di chi si sente in costante evoluzione e sa adattarsi alle diverse circostanze cui ci mette di fronte la vita. Ma l’esperienza, giunto alla soglia dei 36 anni, è tale e tanta da non fargli perdere lucidità quando si tratta di condividere sensazioni su cui si era posato uno strato di polvere - «Non vedevo l’ora di ritrovarmi in questa posizione, quella di giocarmi un altro grande trofeo» - o di incorrere in peccati di falsa modestia, quando avverte il pericolo che questi suoi ultimi risultati possano essere letti come la logica conseguenza di una stagione al cui gran finale si è presentato più fresco dei suoi avversari: «Se mi ha aiutato il fatto di aver giocato meno quest’anno? A dir la verità ho sempre giocato bene gli ultimi tre o quattro tornei indoor della stagione. Ho vinto le Finals cinque volte, e anche a Bercy mi sono imposto spesso. Che giochi tanto o poco, sono sempre riuscito a chiudere in crescendo le mie annate».
Casper Ruud, vincitore ieri in due set (6-2, 6-4) della seconda semifinale contro Andrey Rublev (dopo essere stato 6-2 5-1), che gli varrà la riconquista del terzo posto nel ranking, è avvertito. E con lui tutti gli altri.
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