Corriere dello Sport

La Georgia fa tremare il palazzo del rugby

- Di Francesco Volpe

Eadesso trema il palazzo del rugby. Non sono gli Springboks campioni del mondo che tracimano a Genova a far notizia, è la Georgia che espugna Cardiff (13-12) con un piazzato a tre minuti dalla fine di Luka Matvaka, 21 anni, 2 caps. Una vittoria costruita su una difesa monumental­e (95% di efficacia) e una mischia che ha disintegra­to quella gallese. Per i georgiani, che già avevano sconfitto gli azzurri a luglio, a Batumi, è il secondo scalpo di una Tier 1 nel giro di quattro mesi. «Adesso i dirigenti di World Rugby, e non solo loro, dovranno capire che qualcosa va cambiato» il messaggio in bottiglia del capitano dei Lelos, Merab Sharikadze.

Non è più solo un discorso mirato al Sei Nazioni - con il Galles che da marzo ha perso due volte in casa contro Italia e Georgia - ma a tutta l’organizzaz­ione del rugby mondiale. Ai suoi tour, alla Coppa del Mondo blindata per i soli noti (anche noi), alla ripartizio­ne delle risorse, al mercato degli “internazio­nali” (Argentina, Sudafrica e Georgia sono le uniche nazioni che producono giocatori senza importarne). I Pumas che vincono in Nuova Zelanda e a Twickenham, l’Italia che distrugge le Samoa e batte per la prima volta l’Australia, il Giappone che va a un passo dal pareggiare con gli All Blacks, ma anche il Cile che si qualifica per il suo primo Mondiale, da cui restano fuori Canada e Stati Uniti: tutto certifica che in un rugby rigorosame­nte diviso in caste, qualcosa sta accadendo.

La sconfitta di Genova invece poco toglie a ciò che l’Italia ha fatto nel suo novembre. Gli azzurri sono rimasti in partita per più d’un tempo, poi un’ingenuità di Morisi (meta del 16-23 servita su un vassoio d’argento a Kolbe) ha provocato un cedimento al contempo fisico e psicologic­o dopo tre test durissimi. In cui i progressi della Nazionale non sono stati certificat­i solo da vittorie e crescita nel ranking (da 14ª a 12ª, domani le Samoa ci supererann­o per 0,08 punti...), ma dal modo in cui sono venuti. Ora però servirà la riprova e un Sei Nazioni durissimo, con quattro delle prime sei squadre del mondo, è lì per questo. Ci sono il gioco aereo e al piede da migliorare, anche per trovare soluzioni nuove contro squadre che, come il Sudafrica ieri, ci asfissiera­nno per impedirci di muovere il pallone. Non saremo più una sorpresa. E anche questa è una vittoria.

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