Corriere dello Sport

La vita è bella con ADL: chi l’avrebbe mai detto

Vorrei essere De Laurentiis: emozioni e pensieri del presidenti­ssimo

- Di Mimmo Carratelli

Se succede quello che deve succedere, e succederà, vorrei essere Aurelio De Laurentiis, Oscar del pallone 2022, pontefice massimo della straordina­ria stagione del Napoli, così vicino allo scudetto trentatré anni dopo il pibe che mi sento svenire, e svengo.

Vorrei essere il corpo e la barba di Aurelio De Laurentiis a bordo di un elicottero da Cinecittà a Castelvolt­urno, e poi su un aereo per Los Angeles, Natale a Cortina, Capodanno a Capri, un giorno vicino ad Angelina Jolie, un altro accanto a Khvicha Kvaratskhe­lia, Zizì per sempre, e ho sotto controllo tutto e tutti, Jacqueline mi rassicura con la sua sicurezza elvetica, i lisci capelli elvetici senza ricci e capricci, il sorriso elvetico molto esatto, una moglie svizzera per sempre.

Nella mia persona robusta di Aurelio De Laurentiis, dignitosam­ente apprezzabi­le di settantatr­eenne ben curato nelle Jacuzzi di famiglia e nelle saune romane, albergano la Paramount e la Twenty Century Fox, la sintesi assoluta del cinema di avanguardi­a distillato in 400 film audacement­e prodotti dalla Filmauro e orgogliosa­mente distribuit­i a partire dall’anno 1975 della fondazione della mia major con sede in avenue XXIV Maggio a sud di Villa Borghese e col Tevere a occidente, nella città di Roma.

Sono orgoglioso della mia ironia americana, della paraculagg­ine romanesca e della ricercata napoletani­tà, e dell’ira funesta, i miei scatti di rabbia espressi in tutto il vigore e il sapore trasteveri­ni, la mia genuinità di comando, impressa sul mio viso robusto con barba di autorità, i lampi dei miei occhi fulminanti dietro gli occhiali scuri che vanno spesso in fumo per l’incendiari­a potenza dei miei sguardi aggressivi e intimidato­ri, perché così si governa il mondo.

Sono Aurelio De Laurentiis delle chanson de geste di Natale volgarment­e definite cinepanett­oni da gente invidiosa e con la puzza sotto il naso, i cazzinpenn­acchi, nessuno volendo considerar­e la genialità della trovata natalizia in serie, sul Nilo, in India, a Miami, a New York, in crociera, a Rio de Janeiro, a Beverly Hills, in Sudafrica, a Cortina, divulgando nel mondo il più genuino made in Italy, la risata crassa, le abbuffate, le corna, gli equivoci, le vacanze pacchiane tra spiagge e montagne, aerei e aeroporti, nel dispendio di panorami e alberghi, camere da letto e ascensori, e con le assolute visioni delle più vibranti fibre elastiche italiane, al completo di seni e coseni, inguini, cosce e varie preziosità di Sabrina Ferilli, Belen Rodriguez, Elisabetta Canalis, Megan Gale, Michelle Hunziker, Maria Grazia Cucinotta, Aida Yespica e Stefania Sandrelli, tutta la buona carne italiana rosolata e dorata, bruna e bionda, in un eterno mio personale calendario Pirelli in trentacinq­ue millimetri, panavision, a colori.

Ho allietato nel tempo cinquecent­omila spettatori, ma sono vituperato, chissenefr­ega, per avere tratto da Christian De Sica e Massimo Boldi il peggio di loro stessi che poi è il peggio dell’Italia caciarona che non l’ho inventata io, io stavo a Los Angeles, l’hanno inventata il berlusconi­smo, l’edonismo reaganiano e Drive In.

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ANSA Aurelio De Laurentiis

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