Il Giappone è tedesco 8 su 16 vengono da lì
Dei giocatori utilizzati, la metà gioca in Germania Nagatomo: «Qualche anno fa non l’avremmo mai vinta... Ma il nostro calcio è cambiato»
Stasera cosa organizzerete per festeggiare? «Niente, perché?». Nel sorriso di Maya Yoshida, capitano del Giappone con un passato nella Sampdoria, si avverte il vento del cambiamento. Forse il problema è nostro, siamo noi che non abbiamo capito la normalità di certi risultati. L’Arabia Saudita ha aperto il filone degli sgambetti studiando e beffando l’Argentina, il Giappone si è infilato nel trend modificando strategia durante la partita per sorprendere la Germania. Due vittorie asiatiche in rimonta con il medesimo risultato (2-1) possono essere un caso, ma anche no.
EVOLUZIONE. La spiegazione di Yuto Nagatomo, ex Inter al quarto Mondiale, ha un senso: «Dieci anni fa una partita del genere non l’avremmo mai vinta. Ma oggi può accadere perché il calcio in Asia si è sviluppato. Tatticamente, senza dubbio, ma anche fisicamente, nei metodi di lavoro». A 36 anni, uno in meno di Cristiano e uno in più di Messi, si è ritirato nel Tokyo Fc. Prolungare
la permanenza in Qatar è anche un modo per dilatare il tempo: «E’ stata una grande vittoria ma non dobbiamo fermarci. Siamo forti, possiamo giocarci tutte le partite a viso aperto. Alla fine faremo i conti».
SERPI. E se l’Arabia Saudita ha saputo valorizzare un modello autarchico che prendesse il meglio dal campionato locale, il Giappone si è evoluto andando a studiare all’estero. Del gruppo mondiale soltanto 7 giocatori su 26 giocano in patria. E tutti quelli che hanno battuto la Germania allo stadio Khalifa hanno provato almeno una volta l’esperienza in Europa. Anche il portiere Gonda, premiato generosamente dalla Fifa come migliore in campo (belle parate, sì, ma ha anche regalato un rigore), ha vissuto una parentesi in Portogallo, nella Portimonense. Tanti frequentano i campionati che contano: Tomiyasu da un anno è all’Arsenal dopo un biennio formativo al Bologna, raggiungendo in Premier League il compagno Mitoma che è un centrocampista del Brighton di De Zerbi; il grosso del gruppo ha sfondato però proprio in Germania, compresi i goleador di Doha. Ritsu Doan è del Friburgo, secondo in Bundesliga, come le riserve tedesche quasi omonime tra loro Ginter e Günter. Invece Takuma Asano sgomita in fondo alla classifica nel Bochum: per il Mondiale è guarito miracolosamente da un infortunio al ginocchio che lo aveva fermato il 10 settembre. Otto su sedici: la metà esatta dei giapponesi che hanno giocato ieri sono stipendiati da club tedeschi. La Germania aveva dentro casa sua il germe che l’ha sgretolata. Sembra il vecchio cartone di Holly & Benji, in cui il Giappone sapeva volare oltre ogni immaginazione tecnica per far felici noi bambini.