Corriere dello Sport

Dall’errore di licenziare Reja a Mazzarri

Vorrei essere De Laurentiis: la terza puntata della nostra storia

- Di Mimmo Carratelli

Ci sto proprio bene nei panni di Aurelio De Laurentiis e vi racconto del mio ingresso nel mondo del calcio. Ed ecco che arrivo sulla mia sportiviss­ima Maserati a Paestum dov’è il primo quartiere di fortuna del Napoli che deve rinascere e non ha neanche un pallone e un campo per allenarsi. E c’è chi porta un paio di palloni che devono bastare e io vedo una folla di giocatori che mi sembrano le comparse di Ben Hur, ce ne sono che si chiamano Ignoffo e Berrettoni, bisognereb­be almeno cambiargli il nome, e così giriamo questo primo film azzurro, e c’è l’allenatore Giampiero Ventura, genovese, una grossa e lunga faccia abbronzata su un corpo massiccio, una specie di Russell Crowe a sessant’anni, io penso sempre al cinema. Mi riprometto di riportare il Napoli in serie A in quattro anni.

E così andiamo avanti col Napoli Soccer, che questa è la nuova definizion­e per iter giudiziari e perché io sono Aurelio De Laurentiis, americano di Los Angeles, ma, dipendesse da me, lo chiamerei Aurelio De Laurentiis Football Club perché il Napoli è mio e me lo gestisco io. Intanto, già mi vedo costretto a cambiare Russell Crowe con Clint Eastwood, nel senso che licenzio Giampiero Ventura e assumo

Edy Reja, un cowboy di allenatore col cuore tenero, e ho sempre Marino che è il mio Maradona. E voglio undici leoni in campo, il massimo che posso dire mentre sto studiando le ripartenze e il fallo laterale.

Quando siamo in serie A con un anno di anticipo, dilago sui telescherm­i, la mia faccia a 32 pollici, l’eloquio furbo e forbito, il testostero­ne calcistico a mille, e sono pratico della difesa a tre e della palla a terra. Mi piace vedermi in tv, ero sempre stato dietro la macchina da presa. Mi tengo Reja fino al giorno in cui mi ricordo che una mia zia di Milano, che viveva nello stesso palazzo di Roberto Donadoni, me lo aveva fatto conoscere

e con Donadoni avevo passato una intera giornata e mi aveva affascinat­o. Questo era accaduto nel 2005 ed ora siamo esattament­e alle idi di marzo del 2009, io sono a Los Angeles e Bruto mi telefona e dice che bisogna assassinar­e Cesare che ha fatto solo due punti nelle ultime nove partite. Penso a un kolossal.

Bruto è Marino e Cesare è Reja. Mi prendono i cinque minuti, mi girano i neuroni, mi sale il testostero­ne, la barba si muove e licenzio Reja, prendo Donadoni e mi riprometto di licenziare Marino più in là. Reja è persona della mia famiglia sentimenta­le e progetto per lui un futuro di ambasciato­re del Napoli all’estero. Intanto, Donadoni ha troppi riccioli in testa e, allora, licenzio anche il coinquilin­o milanese di mia zia e caccio pure Marino che mi ha fatto cacciare Reja e Marino lo licenzio in diretta televisiva su Sky dove domino e straparlo, nessuno mi può fermare.

Vado a “Porta a porta” da BruAlbiol no Vespa con il mio programma per i napoletani e dico: “Non venderei il Napoli neanche a uno sceicco. Ho sbagliato a prendere Donadoni. Avrei dovuto tenere Reja e poi prendere Mazzarri”.

E prendo Mazzarri, ed ecco Mazzarri e Riccardo Bigon nel 2009. Io cambio come voglio. Lo so che a Napoli non mi vogliono bene e nessuno mi chiama papà Aurelio, come mi aspettavo, ma cazzo porto il Napoli in Europa League, lo porto in Champions, lo porto al secondo posto in campionato e che cazzo avete vinto a Napoli? Un cazzo avete vinto e sempre con questa storia di Maradona.

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MOSCA De Laurentiis e Reja

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