«È stata un’ottima Italia e il futuro è tutto suo»
A Barazzutti, che nel 1976 vinse l’unica Coppa Davis azzurra, chiediamo un parere sulla squadra attuale «Di tutte le nazionali, la nostra è la più attrezzata per i prossimi anni. Viste le assenze il risultato è grande. Volandri farà benissimo»
«Allaluce delle assenze, l’Italia ha raggiunto un ottimo risultato. Per quello che è stato l’epilogo di questa edizione, Italia-Canada si è rivelata la finale anticipata». Corrado Barazzutti non nasconde un pizzico di amarezza dopo la sconfitta subita dall’Italtennis al penultimo atto di Coppa Davis. Dopo aver estromesso da sfavoriti gli Stati Uniti, gli uomini guidati da Filippo Volandri hanno tenuto testa ai futuri vincitori della competizione cedendo il passo soltanto al doppio decisivo. «Il Canada si è dimostrata una squadra forte in singolare e con un doppio estremamente competitivo - commenta Barazzutti, ex capitano della Nazionale azzurra -. Nonostante siano stati eliminati nello spareggio di qualificazione alle fasi finali, hanno trionfato capitalizzando al meglio l’opportunità del ripescaggio. Bravi loro».
Come reputa il cammino degli azzurri?
«L’Italia si è presentata a Malaga senza i due giocatori di punta (Sinner e Berrettini ndr), ma ha ritrovato Sonego in grande spolvero. Andando a vedere il bicchiere mezzo vuoto è lecito avere un piccolo rimpianto. Simone Bolelli è stato messo fuori causa sul più bello da una lesione al polpaccio, alcune delle concorrenti, come la stessa Italia, non potevano contare su tutti gli effettivi (Spagna e Germania, ndr) e la Russia è stata esclusa dalla competizione per le note vicende. Si è aperta una finestra in cui l’Italia poteva intrufolarsi e magari sfruttare l’occasione».
Ci sono state molte discussioni sulla scelta di schierare Berrettini in doppio.
«Non so se Berrettini fosse la scelta migliore per sostituire Bolelli. Matteo è stato generoso ed è evidente che abbia fatto tutto il possibile nonostante non fosse al top. Con Fognini avrei visto meglio un giocatore in salute e in fiducia come Sonego, anche se poi nessuno può sapere come sarebbe andata a finire. Posso limitarmi a fare una semplice considerazione, bisognerebbe infatti essere informati su tutte le dinamiche all’interno della squadra di cui non sono a conoscenza. Sono sicuro che Filippo abbia fatto le giuste valutazioni».
Essere capitano non è affatto semplice.
«Qualcuno dice che non serve a niente, eppure non è affatto vero. Trovo che ci sia spesso troppa esagerazione nei giudizi, frutto di un’abitudine nostrana che deriva dalla figura dell’allenatore di calcio. Il ruolo che riveste il capitano comporta grandi responsabilità perché le decisioni prese diventano determinanti. Quando le cose girano nel verso giusto se ne parla poco, quando si perde invece è il primo contro cui la gente va a puntare il dito. Filippo sono convinto che sarà un grandissimo capitano. È ancora giovane e avrà modo di accumulare tanta esperienza».
Come vede il futuro della nostra Nazionale?
«Abbiamo tutte le carte in regola per recitare un ruolo da protagonisti perché siamo la squadra più attrezzata in assoluto. Se negli anni a venire altre nazioni non produrranno un gruppo assortito di giocatori così forti e al contempo giovani, credo che ci prenderemo grandi soddisfazioni. Il Canada continuerà ad essere un’antagonista, così come la Spagna con Alcaraz. Tuttavia senza Rafa Nadal perdono tanto».
Il format della competizione la convince?
«Non mi piace. È come se prendessimo uno Slam e lo modificassimo in un torneo da dieci giorni. Una volta la Coppa Davis era considerata il quinto Slam, mentre adesso l’hanno ridimensionata: si gioca al meglio dei tre set, gli incontri sono diventati tre, il doppio ha un’incidenza ben diversa e il fattore campo non esiste quasi più. Quando la vincemmo noi nel 1976 contro il Cile fu un’impresa gigantesca in un contesto difficile. Ormai questa è la nuova formula e bisogna accettarla così com’è stata concepita».