L’ipocrisia dei moralisti e quella via dell’Amorino
Caro Cucci, affari, politica, e strutture organizzative, hanno in modo non trascurabile “corrotto” la sana rivalità ed i principi dello sport. Ma per questo ogni vittoria sportiva va vista per il modo come essa pone in risalto il valore assoluto dell’atleta, dell’uomo e dei principi della tradizione sportiva. Lo sport, quanto alla umanità, non può e non deve condividere con la politica compromissioni e promiscuità.
Raffaele Sgueglia Vitulazio (Ce), gmail.com
Caro Raffaele, vorrei - se possibile - che questa fosse l’ultima lettera a dibattere problemi politici. Non schivo la palla, anzi la gioco con immutata passione. Vorrei dunque parlare dei Mondiali perché fiumi di letteratura “corretta” hanno esondato portando a riva con penne marinate montagne d’ipocrisia. Marinate? Sì, insaporite di spezie sfiziose come la Mulukhya, incantevole piatto di carne arabo/tunisino che senza peperoncino, curcuma, harissa, aglio, alloro e foglie di iuta farebbe scoprire che non sa di nulla. Come certe verità addomesticate. Come direbbe Cayatte, “quelli che” il calcio lo organizzano, lo giocano e lo raccontano “sono tutti assassini”. Maschilisti. Insensibili. Cialtroni. In verità, “quelli che” i diversi sono maltrattati e insopportabili appartengono soprattutto a quel mondo di intellettuali progressisti stupiti, in questi giorni, del fatto che la Russia abbia prodotto una legge ad hoc. Io ricordo che certe regole feroci contro i diversi le aveva concepite Stalin e che i compagni d’Italia le applicavano con furore. Cominciai
a leggere e ammirare Pasolini quando fu espulso dal partito comunista perché omosessuale dichiarato. Quelli erano più feroci dei preti; mi dirà “normale, fra i preti di omosessuali c’è n’erano tanti…”. Beh, io ho studiato sei anni dai preti e - salvo un piccolo attacco che ho respinto con foga - di storie scandalose non ne ho vissute. Anzi, una sì, e la racconto ai fustigatori à la page. Liceale quasi maturo alla Badia Fiesolana, il giovedì pomeriggio scendevo a Firenze con i miei coetanei e ci guidava un prete ganzissimo che fermava il pullman in una piazzetta, scendevamo e ci salutava: “Ci si vede per tornare a cena”. Lì vicino c’era via dell’Amorino che “Firenze Today” racconta così: “Le vie fiorentine raccontano tante piccole storie… la via dell’Amorino nasconde aneddoti di passione e lussuria… Un dato di fatto è che in via dell’Amorino fino al 1958 ci furono due dei più famosi casini di Firenze…”.