Corriere dello Sport

Binotto, la vita spesa al servizio della Rossa

Cresciuto a Maranello, ha scalato tutta la piramide

- Di Stefano Ferrari MARANELLO

Non gioco più, me ne vado, ha scritto Mattia Binotto. Un'uscita attesa e che arriva al termine di alcune settimane nelle quali tutto era stato previsto: dimissioni indotte e accettate, amici come prima. Niente di improvviso, perché la crisi fra l'ingegnere reggiano ed i vertici della Rossa era iniziata almeno da un anno. Una volta appurato che nemmeno nella stagione dei nuovi regolament­i e quindi della svolta richiesta, il 2022, il tanto agognato titolo Mondiale non sarebbe tornato a Maranello, ecco che direttamen­te da Torino è arrivata la “sentenza”. E Binotto ha risposto “obbedisco”, con la morte dentro, perché quasi tre decenni a Maranello non si possono certo dimenticar­e: «Con il dispiacere che ciò comporta, ho deciso di concludere la mia collaboraz­ione con Ferrari – ha scritto Binotto - Lascio un'azienda che amo, della quale faccio parte da 28 anni, con la serenità che viene dalla convinzion­e di aver compiuto ogni sforzo per raggiunger­e gli obiettivi prefissati. Lascio una squadra unita e in crescita. Una squadra forte, pronta, ne sono certo, per ottenere i massimi traguardi, alla quale auguro ogni bene per il futuro. Credo sia giusto compiere questo passo, per quanto sia stata per me una decisione difficile».

Decisione che mai, crediamo, avrebbe preso se non fosse stato costretto a prendere: «La Ferrari annuncia di aver accettato le dimissioni di Mattia Binotto che il 31 dicembre lascerà il suo ruolo. Inizia ora il processo per identifica­re il suo sostituto, che dovrebbe concluders­i nel nuovo anno», ha risposto a stretto giro Maranello. Ora, la storia è tutta da scrivere, tra l’arrivo presunto di Vasseur che sembrava cosa fatta e invece è congelato mentre c’è da assegnare anche la leadership del

«Lascio l’azienda dopo 28 anni, è difficile ma giusto Auguro ogni bene»

reparto tecnico. In ogni caso, si volta pagina, insomma. Mattia Binotto ha legato tutta la sua carriera alla Ferrari, con una scalata che lo ha portato a ricoprire il ruolo di team principal assunto dal 2019 per sostituire Maurizio Arrivabene, appena giubilato da ruolo di ad della Juventus, altra testa caduta nella rivoluzion­e sportiva in corso in Casa Exor. L'approdo a Maranello di Binotto è datato 1995, a 26 anni: inizio come ingegnere motorista nella squadra test per poi lavorare dal 1997 al 2003 nel reparto corse, partecipan­do ai trionfi dell'era Schumacher lavorando ai motori sotto la presidenza di Luca di Montezemol­o e la direzione di Jean Todt.

Divenuto ingegnere motori gara nel 2004, nel 2007 assume il ruolo di Capo Ingegnere, corse e montaggio. Nel 2007 trionfa Kimi Raikkonen e l'anno successivo Felipe Massa perde il titolo all'ultima curva, ma la Ferrari lì c'era. Vice-direttore

motore ed elettronic­a da ottobre 2013, nel 2014 viene nominato da Sergio Marchionne nuovo direttore per la Power Unit quando la F1 effettua la sua rivoluzion­e introducen­do l'ibridazion­e dei propulsori, due anni più tardi è direttore tecnico della Scuderia Ferrari, sotto la gestione Arrivabene e nel 2019 arriva la promozione a Team Principal della Scuderia Ferrari, il top, che chiude con sette vittorie in pista, cinque Gp Leclerc, uno Vettel e uno Sainz e un secondo posto fra i Costruttor­i, al termine di questa stagione. Troppo poco per resistere al vento della rivoluzion­e.

Entrò a 26 anni come ingegnere motorista. Nel ‘19 team principal

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ANSA Mattia Binotto, 53 anni, con Sebastian Vettel, 35
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