«Entro cinque anni la Davis sarà nostra»
Sanguinetti, finalista in Coppa nel ‘98, parla del futuro soprattutto dell’Italia e di Djokovic: «Vincerà tutto» «Con questo gruppo fortissimo mi stupirei se non la vincessimo. Grazie a Sonego io ci ho creduto»
«Con questo gruppo mi stupirei se non riuscissimo a vincere la Davis nei prossimi cinque anni». Parole e musica di Davide Sanguinetti, protagonista di quell’Italia che nel 1998 raggiunse la sua ultima finale. Coach dei fratelli Ryan e Christian Harrison e del doppista neozelandese Michael Venus (n.16 ATP di categoria), Sanguinetti si è detto ottimista su presente e futuro. «Il segreto della crescita del movimento – ha dichiarato l’ex numero 42 del mondo – è nella possibilità di giocare molti tornei sul territorio».
Il Canada ha vinto la sua prima Coppa Davis dopo aver eliminato gli azzurri in semifinale. Possiamo parlare di rimpianto?
«Il Canada ha ottimi giocatori. Per Auger-Aliassime gli ultimi due mesi sono stati quelli della svolta. Poi c’è Shapovalov, una mina vagante. Qualora avessimo avuto a disposizione Sinner e Berrettini avremmo vinto a mani basse. In realtà dopo la vittoria di Sonego con Shapovalov ero convinto che potessimo farcela. Senza dubbio il problema fisico di Bolelli ha complicato i piani, il nostro è un doppio molto forte. Vedere Matteo in campo nella sfida decisiva mi ha stupito».
Cosa può fare l’Italia per costruire una coppia affiatata?
«In questo momento la coppia Bolelli-Fognini è ancora molto affiatata. Mi auguro che il prossimo anno Fabio scelga di giocare con Simone un numero maggiore di tornei perché quest’anno, con qualche torneo in più, avrebbero potuto disputare le Nitto ATP Finals. Vedo molto bene anche Andrea Vavassori, può diventare un punto fermo della nazionale. L’ideale per lui sarebbe trovare un ottimo giocatore di singolare come compagno che abbia voglia di sacrificarsi, consentendogli così di prendere punti importanti in classifica».
Jannik Sinner e Lorenzo Musetti: chideiduevedemeglioindoppio?
«Sinner è pronto a entrare stabilmente in top-10 e credo che in doppio non si specializzerà mai. Musetti è quello che ha più talento ma anche lui si sta avvicinando all’élite dei singolaristi e immagino che il doppio non rientri nei suoi piani. Il mio consiglio per i giovani è quello di cimentarsi in questa specialità. Il doppio aiuta molto, soprattutto in fondamenta. tali come servizio e risposta. Senza dimenticare la pressione che si vive sul punto decisivo, la concentrazione deve essere massima».
Nel 1998 l’Italia raggiunse la sua ultimafinalediCoppaDavis.Perse a Milano con la Svezia, passando per la storica semifinale di Milwaukee con gli Stati Uniti. Lei fu uno dei protagonisti con la vittoria ai danni di Todd Martin. Che atmosfera si respirava?
«Sarò vecchio (ride, ndr.) ma a me piaceva più com’era una volLe sfide in casa erano davvero uniche. Comprendo che con questo nuovo formato i giocatori hanno modo di spremersi meno dal punto di vista fisico. Chi la Davis l’ha già vinta mette altro nel mirino quando si entra nelle fasi cruciali della stagione».
Tra poco inizierà una nuova stagione. Cosa si aspetta dal 2023?
«L’Italia ha giocatori fortissimi, mi stupirei se non riuscissimo a vincere la Davis nei prossimi cinque anni. Il segreto? La Federazione ha fatto un lavoro straordinario quanto al numero di tornei a disposizione. In America, da questo punto di vista, si lamentano tutti. Quanto al circuito, invece, mi aspetto un Novak Djokovic in grado di vincere ovunque. È pronto a battere tutti i record».
«Il ko di Bolelli ha complicato tutto Servono doppisti C’è Vavassori...»