Scaloni da star «Fiero di tutti»
Un ct che doveva essere solo di passaggio... «Tante critiche, ma è meritato: il gruppo ha saputo soffrire»
Mezzanotte e cinque, local time. La festa è appena cominciata. Dagli spogliatoi dell’Argentina parte il treno, con Leo Messi e la Coppa davanti a tutti. Passano insieme nel serpentone dove i giornalisti li aspettano per le interviste cantando e urlando cori, molti dei quali destinati alla stampa “cattiva”. C’è un fortissimo odore di alcol a invadere l’ambiente ma nessuno si stupisce perché i giocatori campioni del mondo hanno in mano diverse bottiglie di champagne e lo spruzzano ovunque. Doha, Qatar, alcolici. Niente è probito per celebrare una notte leggendaria. Il gruppo, già alticcio, sale sul pullman per avviarsi direttamente all’aeroporto: partiti nella notte, arriveranno tra molte ore a Buenos Aires dopo uno scalo tecnico a Fiumicino. Si vedono bandiere argentine e magliette celebrative. Poi parte l’immancabile canzone, Muchachos, che racchiude Maradona e Messi in poche strofe. «E’ un momento indescrivibile» ammette lo juventino Paredes. Gli fa eco l’interista Lautaro Martinez: «E’ un sogno che si avvera. Una sensazione unica».
INCREDULITA’. L’entusiasmo è anche incredulità. La stessa di Scaloni, che composto la sua vita salendo gli scalini. Non è stato un campione da calciatore ma ha studiato per diventarlo da allenatore. Promosso quasi per caso alla qualifica di commissario tecnico ha saputo raggiungere il tavolo dei grandi, Menotti e Bilardo, i predecessori capaci di vincere il Mondiale con l’Argentina. Ci sono volute pazienza e applicazione però. Parafrasando un vecchio detto, Buenos Aires non è stata costruita in un giorno. «Abbiamo avuto bisogno di tempo, di ragionare, e ora siamo qui con la coppa del mondo nelle mani. Non mi sembra vero». E’ un trionfo, il terzo dopo quelli del 1978 e del 1986, che nasce da una programmazione tecnica molto semplice. Il capo Lionel si è affidato completamente all’altro Lionel, Messi, per costruirgli un gruppo solido e affiatato intorno. Il risultato è una storia scritta passo dopo passo: Coppa America nel 2021, Finalissima a spese dell’Italia a giugno e ora il Mondiale, il meglio. «Sono orgoglioso dei miei giocatori» ha detto Scaloni, che si è presentato in conferenza stampa con la maglia dell’Argentina addosso: «Viviamo tutti una grande emozione che dobbiamo ancora realizzare. Abbiamo sofferto tanto ma evidentemente era destino. Ora possiamo festeggiare, dopo tante critiche, perché questo titolo ce lo siamo meritato».
PERCORSO. In effetti la squadra ha avuto il merito di non squagliarsi dopo la tremenda sconfitta contro l’Arabia Saudita al debutto, che seguiva una serie d’imbattibilità lunga 36 partite. In quel momento Scaloni ha temuto di salutare subito il Qatar, perché con avversarie come Messico e Polonia il girone era diventato molto complicato. E invece gli aggiustamenti, con l’ingresso di un pilastro come Mac Allister al centrocampo e la promozione di Julian Alvarez in attacco, hanno facilitato il compito di Messi: «E’ il momento di godere, di andare in strada a urlare la nostra felicità. Gli argentini avevano bisogno di un risultato come questo perché sono stati fantastici, anche qui a Doha».