Inchiesta: gli atti restano a Torino
L’inchiesta sui conti della Juventus, i cui ex vertici sono accusati di falso in bilancio, false fatturazioni e aggiotaggio, resta a Torino. Almeno per il momento. Così ha deciso la Procura generale della Cassazione che ha dichiarato inammissibile per ragioni di procedura l’istanza dei difensori degli indagati di trasferire gli atti a Milano - ritenuta la sede naturale in quanto il reato di aggiotaggio contestato al management del club bianconero è legato alla diffusione dei comunicati alla Borsa, che ha sede appunto nel capoluogo lombardo o in subordine a Roma, dove ha sede la piattaforma attraverso la quale la società diffonde i cobre municati destinati al mercato. Il giudizio della Procura generale, meramente tecnico, deriva dalla considerazione che, due giorni dopo la presentazione dell’eccezione di competenza territoriale alla Cassazione da parte degli avvocati della Juventus, la procura di Torino - attraverso il Procuratore aggiunto, Marco Gianoglio, e i Pubblici ministeri, Ciro Santoriello e Marco Bendoni ha chiesto il rinvio a giudizio di 12 imputati. Era il 30 novemscorso e questo passaggio, osserva il Procuratore generale della Repubblica della Corte di Cassazione, Mariella de Masellis, significa «che l'esercizio dell'azione penale ha determinato la chiusura della fase delle indagini preliminari». La conseguenza è che «la richiesta di trasmissione degli atti ad un diverso pubblico ministero, sollevata dalla difesa, resta preclusa dal sopravvenuto radicarsi della competenza del giudice che procede innanzi a cui potrà essere sollevata la relativa eccezione».
IN AULA.
Al momento, quindi, nulla cambia. I legali della Juventus, in ogni caso, hanno ancora una carta da giocare: la Cassazione ha riconosciuto che potranno chiedere il trasferimento della parte di procedimento in questione all'avvio del processo in aula, la cui data deve ancora essere stabilita. La palla passa quindi al Giudice dell’udienza preliminare: sarà lui a dirimere la questione, esprimendosi sulla competenza territoriale. Il nodo da sciogliere è stabilire dove si sarebbe consumato infatti il presunto reato di aggiotaggio informativo, relativo alla comunicazione della cosiddetta “manovra stipendi”. Gli avvocati del club ritengono che il luogo sia Piazza Affari, dove la Juventus è quotata, o, in alternativa, Roma; ; la Procura di Torino ha invece parere opposto e, in base delle indagini della Guarda di Finanza, pensa che ogni azione sia avvenuta nel capoluogo piemontese.
I legali bianconeri hanno un’altra carta: tocca al Gup l’ultima decisione