Watt quasi infallibile «Gioco con filosofia»
Il pivot di Venezia è il numero 1 nella percentuale dei tiri (64,9%) «La mia visione del basket è il più possibile totale. Metto enfasi sia in attacco che difesa. Perché a 33 anni sono in una bellissima fase della mia carriera»
C’è il basket delle percentuali, che è una versione impacchettata, igienica e monouso di quello che succede sul parquet. E poi c’è quello che, sempre su quel parquet, sta facendo Mitchell Watt. Ovvero, usare le percentuali come certificato, mettendo nero su bianco la capacità senza pari di inquadrare il canestro. Caratteristica, non l’unica, che nel tempo a Venezia gli ha fatto guadagnare minuti e fiducia da parte di coach De Raffaele.
Ed ecco un’altra anomalia del centro originario dell’Arizona: sei stagioni con la stessa maglia, quella dell'Umana Reyer. Caso raro, in una pallacanestro a porte scorrevoli. Non che sia difficile volersi tenere stretto uno che quest’anno tira con una media del 64.6% da due, e il 64.9% totale al tiro. Il migliore del campionato. Una sentenza scritta quando la palla lascia la sua mano mancina.
Però Watt è uno che non bada alle contingenze. Più alle congiunzioni semmai, quelle fra un fisico al picco della forma e una maturità cestistica davvero invidiabile.
La sua filosofia di gioco, e del ruolo, ha qualcosa di classico: «Metto tanta enfasi su entrambe le fasi, inclusa la difesa del pick and roll e sotto canestro. Offensivamente la mia filosofia è una visione il più possibile totale. Come concludere al meglio i possessi, ma anche cosa posso fare per contribuire quando la conclusione non riesce. Non gestisco palla, ma cerco di aprire spazi, di andare fra i compagni».
LIVELLO. La Reyer è reduce da una vittoria all’overtime contro Reggio, e prima da quella su Brescia. In Eurocup le cose girano bene, Venezia è l’unica italiana che in questo momento si sta facendo valere. I 95 punti di Watt, con il 59.7% da due, hanno il loro peso. «Le squadre sono di alto livello, ma meno imprevedibili delle italiane. Risulta più facile pianificare il gioco, riusciamo a essere sul pezzo dal punto di vista mentale» spiega.
Merito di qualcuno che, da anni, dirige l'orchestra con piglio sicuro e filosofia sartoriale. «Il mio rapporto con coach De Raffaele? Negli anni ci siamo conosciuti nelle nostre forze e debolezze. C’è una fiducia e una comprensione figlie delle grandi esperienze vissute insieme. In cinque parole mi trasmette concetti per cui ne servirebbero venti, mi aiuta a tradurre le sue idee sul campo». Queste traduzioni simultanee hanno portato a uno scudetto, una Europe
Cup e una Coppa Italia sollevate insieme.
«Sento che posso beneficiare dell’esperienza che ho acquisito»
CROCEVIA. Se Watt è in cima alla catena alimentare a livello di performance, con 14,3 punti e 5,4 rimbalzi a partita, le ragioni sono in una squadra che ha trovato i giri giusti, ma anche in un acme personale che, a trentatrè anni appena compiuti, colloca Watt al crocevia fra una forma eccellente e l’esperienza per sfruttarla. Si è visto in modo abbacinante nel match contro Napoli: 21 punti, 9/10 al tiro, più 10 rimbalzi e due assist. «Sono in una bellissima fase della mia carriera. Il bilancio fra esperienza e possibilità fisiche è impari, nel basket impari sempre qualcosa, ma non è detto che tu possa esprimerlo in campo. Ora sento che posso beneficiare dell’esperienza acquisita, ed è bello essere a questo punto, mi fa pensare a quante cose posso conquistare».
Con la maglia di Venezia, è chiaro. «Siamo vicini al nostro livello, nelle ultime partite abbiamo giocato ampi stralci al nostro potenziale. Dobbiamo essere più costanti, perché abbiamo perso diverse partite all’ultimo secondo».