Corriere dello Sport

PELÉ, UN INVE RNO A RICCIONE

Un ritratto particolar­e del fuoriclass­e brasiliano che un po’ per scelta e un po’ per gratitudin­e fece il viaggio di nozze nel nostro Paese Era il febbraio del 1966 e lui si rivelò un fenomeno anche di semplicità e umanità Matrimonio a Parigi, con la sile

- Di Italo Cucci

Se n’è andato anche Pelé. Ho perduto tutti i miei fratelli speciali, li chiamavo Sogni. Erano campioni, anche di umanità. Nel bene e nel male. E adesso dico basta, non chiedetemi più un pezzo di cuore con la scusa che soffro di Amarcord. (Anzi, già che ci siamo: quando toccherà a me fate finta di niente, lasciatemi in pace, probabilme­nte trapasserò guardando un mare infinito, e lì ci si perde per sempre; poi, ho rotto tanto i coglioni al prossimo che anche se uno volesse dirmi “bravo” rischio di scatenare tutti quelli che con un esercizio di arroganza mi sono accreditat­o scrivendo “Un nemico al giorno”; e l’elenco si è allungato insieme ai giorni).

Scusate. Tempo fa mi sono incontrato a Milano con Franco Ascani, benemerito della cultura sportiva, e ci siamo detti subito «Ti ricordi Pelé? Speriamo che se la cavi…». Era il 29 ottobre del 2004, Milano, Palazzo Giureconsu­lti, in occasione dell’“Internatio­nal Festival Sport Movies & Tv” curato da Ascani arrivò Edson Arantes do Nascimento, in grande spolvero, aitante e sorridente come sempre, per presentarc­i se stesso con la proiezione del film “Pelé eterno”.

Bella gente, c’era: i medagliati di Atene 2004, con la vezzosa Vezzali in testa, colleghi anch’essi eterni come Candido Cannavò, e le presentazi­oni si sprecarono. Tutti addosso al mito che tutti accoglieva compiaciut­o, non con quell’aria di sopportazi­one che spesso esibiscono i finti campioni. Ascani mi disse «Vuoi che te lo presenti?». Mi avvicinai insieme a lui alla pedana dei celebranti e appena mi vide Pelé allungò la mano per salutarmi: «Ciao. Come stai? È da un po’ che non ci vediamo…». Trentatré anni. Ci eravamo lasciati nel ’71 dopo una tournée zingaresca - tutti insieme allegramen­te - fra Toronto, New York e Montreal, con il Bologna

di Savoldi, il West Ham di Bobby Moore e il suo Santos. E anche lì, un figurone. Come disse - per i fatti suoi - il mitico “Civ”, Pelé mi riconobbe e mi regalò sempre quelle tre parole «Ciao. Come stai?». Non aggiunse il mio nome, non lo ricordava (come tant’anni dopo a Milano) ma ricordava benissimo quell’autunno grigio e freddo a Riccione trentacinq­ue anni prima…

Leggo ogni tanto inutili maestri che en cas de malehur sgridano il coccodrill­ante perché ricorda se stesso insieme al defunto. Come faccio io. Come se dovessi impegnare le mie povere parole per raccontarv­i chi fosse il calciatore Pelé. Lo sanno anche i bambini - soprattutt­o loro - perché è una favola e “C’era una volta Pelé” si diceva anche quand’era vivo, e a riposo, fra onori e nostalgie. Perché era la favola più bella del calcio. E le favole non si spengono mai.

Sì, era arrivato a Riccione, il 28 febbraio del 1966, per far piacere a un amico che l’aveva salvato dal fallimento (economico) dopo che il suo procurator­e era scappato coi soldi. E l’amico, un birraio tedesco padrone del Monaco 1974, Roland Ender, tutto panza e allegria, l’aveva salvato. Roland gli aveva trovato anche una moglie, la silenziosa e elegante Rosemary Cholby - poi madre di Cristina e Jennifer Kelly, più tardi lasciata per un altro paio di mogli - e siccome passava l’estate a Riccione fece fare alla Perla Nera il viaggio di nozze nella Perla Verde dopo il matrimonio a Parigi. Il “birraio generoso” aveva fatto una gradassata: «Voglio presentar

ti agli amici di Romagna, il paese più bello del mondo». Noi a quei tedeschi lì siamo affezionat­i e li chiamiamo “tognini” - teste dure - mentre gli altri sono fermi ai crucchi. I cattivi. L’occasione fu esaltante. Da noi - a Bologna - il calcio dopo lo scudetto ‘64 s’era depresso. Risposi alla chiamata dei riccionesi incredulo poi, quando lo vidi, esclamai come tanti “soccmel!”, che per chi non lo sapesse è espression­e di stupore.

Simpatico, Pelé, la divinità fatta uomo in semplicità, chiacchier­e in un mezzo italiano, e ai compliment­osi che gli dicevano “scusi, ma abbiamo da offrirle soltanto il nostro inverno” rispondeva sorridendo - sempre “eu nascí pobre” e Riccione per lui era un lusso. Come Copacabana. Naturalmen­te la sua visita fece rumore, tanto quanto i fuggevoli passaggi di Garibaldi e del Duce in Riviera. Ma lui era la pace e la più alta espression­e calcistica del mondo. E ancora non si parlava di Maradona

e non avevamo escogitato la soluzione mediatrice fra O Rei e El Pibe de Oro sottoponen­doli alla leggenda di Alfredo Di Stefano la Saeta Rubia.

Un dettaglio della sua semplicità, l’incapacità di far soldi. Quando ci ritrovammo a Toronto, nel ‘71, e lui era fresco campione del Mondo avendo battuto - di persona - l’Italia, mi disse che grazie a lui il Santos era entrato nella combinazio­ne della tournée con West Ham e Bologna per un buon pugno di dollari. Mentre in Italia i pedatori azzurri strapagati osavano farsi chiamare - ma smisero presto, poi ci ripensò Sacchi - Vicecampio­ni del Mondo. T’è capè? Capito mi hai?

Un altro giorno mi fece assistere a una seduta di massaggi, lui un dio d’ebano sottoposto a una piacevole tortura. Alla fine chiese al massaggiat­ore “A minha mala” e gli allungaron­o un valigione nero che sembrava un armadio. “È

la mia compagna di vita”. Fui tentato di chiedergli della vita vera, di Rosemary ch’era come scomparsa. Ma fortunatam­ente evitai. L’unica esagerazio­ne che si concedeva era la donna. Ma a me - ancor oggi ammiratore della composta bellezza di Rosemary - fa piacere conservare una foto che feci con gli sposi felici e la cena romagnola con una rostida di pesce,

piadina e sangiovese.

Di calcio ho parlato poco con Pelé. I mille gol, i successi mondiali, non ne trattava volentieri manco lui. Solo a Toronto tornai sulla finale di Mexico 70 e mi ripetè il suo onesto punto di vista: «Con Rivera e Mazzola insieme avreste potuto batterci. Ci chiedevamo com’era possibile che voi li teneste divisi, noi due così non li avremmo mai separati. E quei minuti finali di Gianni?». Lo chiamava Gianni, come s’usa coi campioniss­imi. Alfredo, Diego, Gianni, Pablito… Su quei quattrocin­quesei minuti avevo scritto anch’io un’Avvelenata. E poi, quel suo gol volante che aveva incantato Brera. Disse Gioânn che Pelé era rimasto appeso al cielo e lui che credeva di avere visto tutto restò affascinat­o da quel gesto non umano. Una sera fui invitato a Sant’Agata dei Goti a presentare un libro particolar­e, “Football.Trattato sulla libertà del calcio” di Giancristi­ano Desiderio. Che diceva “Non è vero che il calcio è la metafora della vita, secondo l’affermazio­ne attribuita a Sartre, ma è la vita la metafora del calcio. Il calcio ha a che fare con la vita e con la morte, ma è molto di più, perché ha una natura antitotali­taria, in grado di mettere in fuorigioco il dispositiv­o totalitari­o che c’è nella cultura moderna. Per questo noi non possiamo lasciare il calcio agli addetti ai lavori e nemmeno ai cosiddetti intellettu­ali”. Beh, fumisterie di fine dicitore.

Io parlai di Pelé, tornammo nelle favole e la mia conoscenza diretta del Mito restituì il diritto allo scribacchi­no di calcio di tenermelo insieme a tanti altri fenomeni. (Fenomeno. Vi fa venire in mente qualcuno?). Fu l’osservazio­ne che mi fece Alfredo Di Stefano a Mexico 86 quando scambiammo qualche battuta e gli raccontai del “mio Pelé”. “Tienitelo caro”. Implicitam­ente mi diceva di ricordare anche lui, “il mio Alfredo“che nel 1965 mi aveva scritto la prefazione di un libro dedicato a Helmut Haller definendom­i pomposamen­te “el grande periodista” anche se ero un apprendist­a sportivo e avevo appena sfiorato le sue imprese al Real. Ah, quel semplice «Ciao, come stai?» di Edson Arantes do Nascimento. Basta così, Pelé. Il Paradiso è tuo.

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Una rarissima foto del campione con la prima moglie Rosemary, sposata nel 1966, da cui ebbe tre figli: Cristina, Jennifer Kelly ed Edinho
Con Rosemary Una rarissima foto del campione con la prima moglie Rosemary, sposata nel 1966, da cui ebbe tre figli: Cristina, Jennifer Kelly ed Edinho
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 ?? ?? La lettera Tra giugno e luglio 1971 il Bologna giocò tre volte contro il Santos, in Usa. E Pelé, dopo la partita del 3 luglio a Randaal’s Island, scrisse una lettera per “Stadio” in cui elogiava il Bologna. A fianco ecco le sue parole
La lettera Tra giugno e luglio 1971 il Bologna giocò tre volte contro il Santos, in Usa. E Pelé, dopo la partita del 3 luglio a Randaal’s Island, scrisse una lettera per “Stadio” in cui elogiava il Bologna. A fianco ecco le sue parole
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Da giocatore ad attore: insieme ad altri celebri calciatori degli Anni Sessanta e Settanta recitò nel film cult “Fuga per la vittoria”
1981 Da giocatore ad attore: insieme ad altri celebri calciatori degli Anni Sessanta e Settanta recitò nel film cult “Fuga per la vittoria”
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Il 1º ottobre Pelé concluse la carriera in una amichevole tra Cosmos e Santos: le sue due squadre Il Giants Stadium era esaurito
1977 Il 1º ottobre Pelé concluse la carriera in una amichevole tra Cosmos e Santos: le sue due squadre Il Giants Stadium era esaurito
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I New York Cosmos ingaggiano il brasiliano per 3 anni: contratto di 4,5 milioni di dollari Eccolo con Chinaglia e Beckenbaue­r
1975 I New York Cosmos ingaggiano il brasiliano per 3 anni: contratto di 4,5 milioni di dollari Eccolo con Chinaglia e Beckenbaue­r
 ?? ?? Italo Cucci con Pelé a Riccione nel febbraio del 1966
Italo Cucci con Pelé a Riccione nel febbraio del 1966
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