Il Bologna è una fede e anche una canzone da cantare con Vasco
Ricordi di stagioni lontane fra calcio e musica invitano a sognare, a augurare e a chiedere a Saputo un futuro rossoblù migliore
Caro Cucci, considerato che oggi è il cinquantesimo anniversario dall’ultima rete di Perani perché non ricorda Marino nei prossimi giorni nella sua rubrica? Ovviamente, colgo l’occasione per rivolgere a lei e i suoi cari i più cordiali auguri di buon lavoro. Antonio Capotosto,
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MANDRILLO - Caro Cucci, giorni fa ho incontrato un personaggio della vita musicale bolognese che mi ha parlato tanto di te e della tua passione rossoblù che resiste nonostante i giorni grami. Ti ricordi di Mandrillo, il DJ storico di Bologna che si esibiva a Radio Bologna International? Dice di averti invitato in radio tante volte. E non sbaglia quando dice che la tua passione vera era la musica più del calcio. L’ho incontrato in un posto bolognesissimo, la Baita Mamma Rina a Zola Predosa dove si mangiano - dio che penza le storiche tigelle, il gnocco fritto, le crescentine naturalmente con i nostri salumi e i passatelli della tua Romagna. Mi farebbe piacere se tu lo ricordassi. Federico Galassi, @
vaticinante68
Gli amici lettori mi consentiranno questa nostalgica “fuga” bolognese di fine anno che da Pantelleria mi riporta nel piccolo mondo antico della passione rossoblù, delle canzonette e delle radio libere, dei tortellini e della mortadella: tutto quel banalissimo e risaputo repertorio felsineo - da salutare con un appassionato “socc!” - che ormai dilaga in Continente, qui in Sicilia in particolare, insieme alla lasagne e alla piadina. Giuro che evadere qualche minuto da Palloneide non è male, anche se non posso esimermi dal ricordare - come chiede il lettore Marino Perani, uno dello Scudetto Sessantaquattro, un amico che cito sempre più spesso da quando un suo allievo ragazzino - Roberto Mancini - è diventato il leader… europeo della Nazionale. È - questa - un’occasione per rivolgere un pensiero anche a Negri, Furlanis, Pavinato, Tumburus, Janich, Fogli, Bulgarelli, Nielsen, Haller e Pascutti, campioni e fratelli, e al grande Fulvio. Il mio Bologna che non dimentico nonostante il suo passo lento e incerto e il dolore dell’addio di Sinisa. Spiego a tanti amici che tifano per il Palermo - ma hanno anche passioni sostitutive per Juve, Inter e Milan quando i rosanero sono giù - che il Bologna non ha sostituti, il Bologna è una fede (slogan esclusivo). E me lo conferma puntualmente un imprenditore palermitano, Michele Consiglio, tifosissimo rossoblù, che è arrivato addirittura a scrivere un libro sul corregionale Saputo. A proposito del quale mi è appena arrivato un pamphlet realizzato da Gianni Marchesini con Adalberto e Alberto Bortolotti: un perentorio invito al pres canadese a fare di più, molto di più. Mi associo. Con tanti auguri al vecchio Bulagna e già che ci sono ai miei cari lettori.
Malinconie rossoblù a parte ecco un breve ritratto di Mandrillo, alias Giancarlo Mandrioli, che ho conosciuto quando lavorava con Vasco Rossi, mezzo secolo fa, nel periodo in cui il Blasco debuttava con il suo primo 45 giri, “Jenny”, prodotto dal discografico bolognese Borgatti che realizzò anche due dischi di Mandrillo. Due produzioni diversissime ma gemelle perché musicisti, arrangiatori e parolieri erano gli stessi, nascosti dietro pseudonimi: Scandy (Stefano Scandolara - produzione), Tucano (Maurizio Solieri - chitarra), Gatto (Massimo Riva - basso), Betoten (Gaetano Curreri tastiere e poi cantante e leader degli Stadio), Attila (Gilberto Rossi - batteria) e Wasto, alla voce, ovvero Vasco Rossi in persona.