Cinciarini: Io sono un computer
Ormai è una sfida con sé stesso. Andrea Cinciarini, diventato a 36 anni il re degli assist la settimana scorsa, ne ha smazzati altri 18 domenica a Trento, trascinando Reggio Emilia ad una vittoria preziosa in chiave salvezza ed eguagliando di nuovo il suo record, con cui aveva affiancato Luca Vitali il 14 marzo 2022. Ora guarda tutti dall’alto dei suoi 1.802 totali.
«La prossima volta mi tocca distribuirne una ventina per fare meglio - dice il play pesarese -. Ma il momento che ricorderò per sempre è quello dell’8 febbraio in casa, quando ho servito l’assist che mi ha consentito di superare un mito come Pozzecco. Sono consapevole di non avere il genio di Teodosic o Rodriguez, che inventano lì per lì delle magie. I miei assist sono frutto di uno studio approfondito dei miei compagni che faccio in ritiro: guardo come e dove tirano nelle sessioni finali. Sono un computer, immagazzino informazioni che poi mi tornano utili. E sono razionale: a scuola la materia che preferivo era matematica».
Nel caso della sua squadra attuale, ad esempio, sa «che
Hopkins preferisce tirare dall’angolo, che Olisevicius predilige ricevere in back-door, e riconosco quali sono i contropiedisti a cui lanciare lungo. A seconda delle caratteristiche cerco di passare il pallone nel momento perfetto per loro». Ecco perché la Unahotels, nonostante l’età, sta in campo 32.4’ di media.
ETA’. «Ma non mi pesa, mi sento come l’anno scorso. Anche la mia forma fisica è frutto di un metodo che rispetto meticolosamente: pure d’estate mi alleno sei giorni su sette. Mi segue un preparatore che ormai è un fratello, Giustino Deanesi, e in vacanza il posto lo scelgo io perché ci devono essere sempre una piscina, una palestra attrezzata e un campetto. Poi è importante l’alimentazione, riposare, dormire bene. Faccio anche crioterapia. Ma più di tutto è la testa che comanda».
Ha intenzione di giocare ancora a lungo, ma ha già chiaro cosa farà dopo.«L’allenatore. Il computer che è in me ha già iniziato a studiare come lavorano i vari coach”. Il suo modello di regista risale ai tempi in cui cresceva a Pesaro: «Da junior mi allenavo con la prima squadra in cui giocava Djordjevic, osservavo come si muoveva e anche come comunicava coi compagni».
«Obiettivi attuali? Non eravamo partiti certo per salvarci ma ora siamo in battaglia e bisogna mutare stile di gioco. Sakota ha cambiato set offensivi e regole difensive: è un leader calmo».
«Immagazzino informazioni sui compagni: poi tornano utili»