Come nasce la eSerie A? Ce lo racconta Infront
Dal rapporto con i giocatori alla gestione dei talenti coinvolti, portare il calcio videogiocato sugli schermi degli italiani non è affatto semplice: intervista a Borghi, Zampini e Mariani
La eSerie A è pronta ai blocchi di partenza, fissata per il 31 gennaio. Ma come nasce, come si sviluppa e come si manda avanti un torneo esportivo del calibro della eSerieA? Lo abbiamo chiesto chiesto a Infront, società di intermediazione di diritti media e marketing, produzioni video e organizzatore eventi nello sport, e precisamente ad Alessandro Zampini (Executive Producer), Thomas Borghi (Project Leader) e Andrea Mariani (Responsabile dei contenuti), organizzatore del torneo per Lega Serie A, per capire cosa avviene dietro le quinte del miglior calcio videogiocato d’Italia.
«É stato un processo abbastanza naturale - spiega Borghi visto che ormai quasi tutti i principali campionati di calcio hanno ora i loro omologhi esportivi e hanno basato le loro competizioni su Fifa. La ePremier League, nata nel 2018, la eBundesliga, la eLaLiga e, appunto, la eSerie A Tim che pur essendo partita dopo i tornei appena citati vanta già dei numeri in alcuni casi superiori agli altri tornei europei. Il fenomeno esports diventa ogni anno sempre più interessante e fruttuoso, e anche le squadre di calcio italiane hanno deciso di entrarci, aprendo le porte a un target di riferimento molto importante e a un settore in via di espansione, che vanta un giro d’affari sempre più proficuo e attraente dal punto di vista imprenditoriale. “La finestra migliore per gli investimenti negli esports è ora” diceva qualcuno qualche anno fa ormai, ma credo sia sempre un tema attuale anche perché in Italia questo mondo sta crescendo più lentamente rispetto agli altri paesi». Zampini: «Ci è sembrato abbastanza naturale proporre a Lega Serie A un torneo eSport che si affiancasse al campionato italiano, la Coppa Italia e la Supercoppa Italiana. Negli anni, con l’avvento di internet, dei contenuti digitali e del second screen l’interesse dei ragazzi si è molto parcellizzato, e si sta perdendo l’abitudine a guardare una partita per intero in televisione o allo stadio, in favore di contenuti di più facile fruizione, come un torneo esportivo. Lega Serie A si è subito dimostrata interessatissima e attentissima a questa dinamica, e devo dire che ci hanno subito creduto molto, tanto da spingere la competizione con convinzione considerandola subito al pari delle altre che organizzano».
Come avete progettato il formato della eSerie A?
Borghi: «Parlo volentieri dell’edizione di quest’anno che, pur ricalcando in alcune parti le edizioni precedenti vede numerose novità. Intanto con Lega Serie A e Ea abbiamo organizzato, in parallelo con le online qualifiers, quattro tappe del RoadShow eSerie A che ci ha visto alla Dacia Arena di Udine per l’evento di lancio, a Milano per la Mgw con uno stand dedicato, a Roma nella prestigiosa sede di Tim e all’Allianz Stadium, che è stata anche l’occasione per presentare il team Juventus Dsyre. L’idea di organizzare questo RoadShow è stata quella di avvici
nare la competizione ai ragazzi, ai tifosi che sono abituati a guardare l’evento solo su Twitch. Abbiamo poi cominciato la stagione in anticipo rispetto agli altri anni, organizzando la Ea eSuperCup. L’esibizione dei ragazzi di All Bars Game è stata un’altra novità per cercare di rendere il prodotto ancora più trasversale, senza però perdere l’identità del torneo. Abbiamo organiz
zato tutto questo nella nostra nuova casa, la eSerie A Tim Arena, dove tutti i team e gli ospiti possono tifare dal vivo. Ora non vediamo l’ora di iniziare anche il campionato, per vedere se il Torino si riconfermerà campione d’Italia anche senza Obrun, che invece è approdato al Lecce. Abbiamo già in mente altre idee che, speriamo, vengano apprezzate dal pubblico».
Quali sono state le difficoltà maggiori del sistema del draft?
Zampini: «Sono state due le principali ragioni che ci hanno spinto a inserire un sistema complesso come il Draft nella eSerie A Tim. La prima è strategica, ed è legata al coinvolgimento della community: dare spazio alla fan base, ai potenziali futuri giocatori ci è sembrato il modo migliore per cercare di rafforzare un movimento di grande valore ma ancora acerbo, che aveva bisogno di una controparte chiamiamola istituzionale, che potesse dar sfogo al sogno di tanti e potesse mettere in contatto i futuri pro player direttamente con i club e le agenzie. Il secondo motivo era invece più pratico: quando abbiamo iniziato alcuni club non erano ancora attrezzati con team esportivi interni, e noi volevamo che questo non fosse un limite per la competizione. Grazie al draft i club che non avevano ancora accordi con i giocatori professionisti hanno potuto partecipare alla prima eSerie A Tim. Ci fa anzi molto piacere che chi il primo anno non era ancora pronto ora lo sia, e che quest’anno ogni club ha scelto un solo giocatore proveniente dal draft, segno che tutti si sono dotati di un team esport con almeno un giocatore professionista a contratto. È un bel segnale per l’intero movimento».
Com’è il rapporto tra produzione e giocatori?
Mariani: «Uno degli aspetti più delicati di questo progetto è stato capire come entrare in un ecosistema come quello del gaming che di per sé è una nicchia molto specifica, con dei propri riferimenti e una propria grammatica. Approdare in questo contesto con una istituzione come Lega Serie A poteva essere rischioso e la percezione dell’approdo di un gigante come Lega poteva essere visto come una invasione. Per questo abbiamo sempre cercato di lavorare per, ma soprattutto con, la community esistente, rispettando le regole, il linguaggio e, in generale, il senso di appartenenza. Siamo stati accolti nella community in maniera positiva, tutti hanno vissuto l’arrivo di Lega Serie A nel mondo del gaming come una opportunità».
Che differenze di ruolo ci sono tra caster e analista?
Zampini: «Sono entrambe nuove professionalità, che nascono dal mondo del giornalismo sportivo ma che lo fanno proprio in tanti modi, diventando una cosa totalmente nuova. Il caster di Fifa, ma in generale di un torneo esportivo, è una figura simile al commentatore, con però un’enorme conoscenza diretta della materia. Spesso sono giocatori o ex-giocatori che parlano non solo di quello che vedono, ma del gioco in generale, delle dinamiche che lo muovono, delle differenze con gli anni passati. Gli esport si basano su videogiochi che non hanno un regolamento (quasi) immutabile come gli sport tradizionali, ma anzi cambiano di anno in anno e a volte lo fanno in maniera sostanziale. Il caster deve quindi non solo raccontare quello che sta succedendo, ma in generale educare il pubblico sull’intero contesto di cui la competizione che commenta è solo il punto di arrivo. L’analyst è invece più simile al commentatore delle telecronache tradizionali, spesso viene dal mondo dello streaming, e deve avere anche lui una conoscenza estesa della materia, dei bei rapporti con i giocatori e la capacità di evidenziare le peculiarità nascoste di ogni partita. È importante far presente che i nostri caster e analyst commentano trasmissioni di 4 o 5 ore, e lo fanno senza mai perdere un colpo».
«Il fenomeno esports diventa più fruttuoso e interessante»
«Abbiamo in mente moltissime novità che speriamo siano apprezzate»