Corriere dello Sport

«Motta è un duro, ma sa ascoltare le opinioni di tutti A me chiede di essere sempre nel cuore del gioco Imparo da Medel»

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«Per me sta facendo bene. A parte l’esperienza a Parma, di fatto questo è il suo primo anno in Italia. Sta mostrando la sua tecnica, la sua visione di gioco. Ne ha tantissima. E’ una risorsa».

«Penso che il mister si concentri soprattutt­o sul gruppo, non tanto sui singoli. Ci fa lavorare bene insieme. Siamo migliorati anche per questo».

«Essere sempre disponibil­e, chiedere la palla, stare nel gioco. Penso di averlo fatto. Ma posso migliorare. Se mi guardo indietro, rispetto a quando sono arrivato, rispetto a quattro anni fa, sono cambiato. Sia come calciatore sia come persona». «A volte è duro, e deve essere così in certi casi. Ma con noi parla tanto, si confronta, chiede il nostro parare. Alla fine decide lui, questo è ovvio. Ma ci coinvolge».

«Sulla tattica. Se lui pensa che dobbiamo difendere così o così si informa, chiede se sia«A volte i compagni mi chiamano così, è vero. Sempre meglio di lavatrice (ride, ndr). Ma visto che così mi chiamava Mihajlovic è bello anche quello». «Diciamo un 7. Ma possiamo molto migliorare. Sono un professore severo».

«Ferguson. Sembra non faccia mai cose straordina­rie, invece fa sempre la cosa giusta. Avere uno così al tuo fianco è molto comodo, molto bello». «E’ difficile da dire. Gioco spesso, e quindi mi sento importante, mi sento delle responsabi­lità. Valorizzat­o. E io cerco di dare il massimo, in ogni allenament­o, in ogni partita».

«Qui mi piace tutto, è la città giusta, né troppo grande né troppo piccola. Io e Kirsten amiamo vivere qui, a giugno ci sposeremo. Viviamo con il nostro cagnolino Monty». «E’ stato un periodo molto brutto per me. Però mi ha insegnato a non perdere mai la fiducia. Avevo girato cinque ospedali, al sesto mi hanno trovato quello che avevo».

«Sì, ho rischiato di giocare con molti problemi. Non avrei smesso, credo. Forse non avrei fatto il profession­ista. Mi fecero due interventi alle gambe, poi sono stato fermo undici mesi». «All’inizio un po’ sì. Non trovavano nulla, io avevo male, sentivo dolore. E mi dicevano: “Jerdy, noi non vediamo nulla”. Ma il dolore io lo sentivo. Li capivo, non trovavano, non vedevano, che dovevano fare? Però io il male lo avvertivo». «Tantissimo, quasi più del fisico. Oggi giochiamo molto più di testa, anche se fisicament­e stiamo bene. Motta ci allena moltissimo». «E’ stato un grande compliment­o. E’ molto bello quando uno così parla bene di te. Io non l’ho mai visto giocare, sono troppo giovane. Il mio giocatore preferito era Fabregas. Soprattutt­o il Fabregas dell’Arsenal. Che giocatore incredibil­e. Non ho ancora avuto modo di incontrarl­o. Quasi quasi chiedo a Binks (ex Bologna, oggi al Como, ndr), così mi faccio dare una maglia».

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