Corriere dello Sport

Le molte vite di Rabiot Adesso fa il supereroe

Decisivo a Lisbona, vive il suo anno top E, in ritardo, sta dando ragione a Sabatini

- di Marco Evangelist­i

Difende, imposta e segna quanto Vlahovic: Allegri non ci rinuncia mai Più grosso, più forte e più veloce è diventato l’idolo dei tifosi Ma per il rinnovo c’è da aspettare

Aspettando Rabiot si diventa vecchi. Allora hanno smesso di aspettarlo, e ha funzionato come il trucco della teiera che comincia a bollire quando guardi altrove. Adrien, you did it. È più grosso, più forte, più veloce: un vecchio nemico dei fumetti che ritorna dal buco nero in cui era precipitat­o. O anche un antieroe salvifico. Giovedì sera si è preso subito in spalla la partita della Juventus e l’ha messa nella direzione preferita da Allegri. Dopo il gol che Rabiot ha segnato avvitandos­i in area da centravant­i, lui che nella vita ha fatto un po’ di tutto dal figlio prodigo al trequartis­ta cerebrale, i bianconeri hanno potuto dire allo Sporting: adesso venite a prenderci. Lo Sporting li ha presi, ma avrebbe dovuto superarli per andare in semifinale di Europa League contro il Siviglia e non ci è riuscito.

Questo Rabiot, proprio questo qui e non quelli che lo hanno preceduto, questo Rabiot segna quanto Vlahovic pur facendo un mestiere diverso, sia detto a maggior gloria del francese e non a disdoro del serbo. Questo Rabiot non fa più distinzion­e tra zone di campo, ha abbandonat­o la fascia sinistra nella quale più di un allenatore lo aveva esiliato pur di inserirlo in formazioni tutte esaurite. Nato mezzala, mezzala è tornato: in quella parte del gioco senza confini definiti, fatta apposta per nomadi del suo stampo che poi però si lasciano prendere dalla smania di tornare a casa. Come Adrien ragazzino fece concedendo­si sei mesi all’accademia del Manchester City. Gira, Rabiot, gira, e soprattutt­o Allegri sa che può farlo girare pressoché ovunque, dal lato mancino a quello destro, come a Lisbona, e comunque ne ricaverà un inseriment­o fruttifero, una corsa in avanti, una diagonale benedetta, un contrasto risolutivo. Perfino un discorso motivazion­ale nello spogliatoi­o, se proprio nessun altro vuole prendere la parola.

Il Rabiot di quest’anno, trasformat­o nell’anima e nella tecnica, nel corpo e nella saggezza, era certamente quello che aveva intravisto meno di dieci anni fa

Walter Sabatini, saggezza a parte. Giovane e introverso e ancora non del tutto cosciente del suo peso nel mondo, Adrien alle svolte della carriera lasciava scegliere la strada alla madre, Véronique Provost. Del resto lo fa ancora. Il Paris Saint-Germain gli proponeva un nuovo contratto, ma lui rifiutava e venne messo fuori rosa. Sabatini borbottava di avere per le mani un ragazzo che di lì a poco la Roma avrebbe potuto rivendere a cinquanta milioni. In quegli anni vagamente sani di mente era come dire che valeva un Perù o un Pelé. Per farla breve, Sabatini e la Provost si videro, lei annuiva vigorosame­nte e poi strappò al Psg le condizioni che voleva.

Quando Rabiot è arrivato alla Juventus, nel 2019, la storia è andata pressappoc­o allo stesso modo, con un finale diverso. E più o meno la medesima zuppa ha ingoiato la Francia: convocazio­ni tra le riserve, sensibilit­à ferite, mail di cortese rifiuto. Rabiot è stato utilizzato con larghezza nei club in cui ha servito e qualche beneficio lo ha sempre portato. In Nazionale si sta imbottendo dal 2022 la sua poltrona di titolare. Non è mai troppo tardi e di sicuro non lo è a ventott’anni freschi. Alla Juve i tifosi che volevano crocifigge­rlo adesso gli dedicano inni.

Sembra felice, finalmente: «Abbiamo battuto lo Sporting, siamo pronti per il Siviglia, siamo pronti per il podio in campionato, siamo pronti per tutto. Stare cuore e testa su ogni obiettivo è il nostro lavoro». Sono felici anche alla Juventus, ma non abbastanza da dargli dieci milioni e bonus per rinnovare il contratto che scade a giugno. Bisognerà vedere che cosa succederà delle classifich­e e delle coppe e dei processi sportivi alla fine della stagione. In un mondo buono si potrebbe argomentar­e che Rabiot può aspettare come tutti hanno aspettato Rabiot. Ma qui siamo lontani dal paradiso.

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LAPRESSE Adrien Rabiot, 28 anni: alla Juve dal 2019
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